Roma - L'Eni "lavora in Libia per portare sviluppo e stabilità" e lo sviluppo dell'Africa "è un tema che dobbiamo affrontare oggi". Lo ha detto l'Ad Claudio Descalzi in una intervista a La Stampa, di ritorno da Tripoli, dove nella base navale di Abu Sitta ha incontrato il premier del governo di accordo nazionale Fayez al Serraj. Era dalla rottura fra le componenti del Paese nell'estate del 2014, ricorda il quotidiano, che l'amministratore delegato non approdava nella capitale.
"Non ho percepito una situazione di precarietà. Certo, da cinque anni in Libia c'è una situazione di precarietà, ma lui (Serraj) è impegnato in un dialogo costruttivo, è ben consapevole delle priorità per rimettere insieme la nazione. L'ho visto parlare e affrontare i nodi in modo concreto", assicura il top manager, spiegando che "abbiamo parlato di lavoro, energia, delle cose da fare". La priorità è "avere stabilità", che in quella parte del Mediterraneo si raggiunge "portando lavoro e sviluppo".
L'Eni in Libia è presente in molti siti nel deserto e off shore, al largo di Tripoli. "Ed è una presenza importantissima - sottolinea Descalzi - per la stessa popolazione libica. Perché il 60% della nostra produzione giornaliera, che ammonta a 35 milioni di metri cubi di gas, va ad alimentare il mercato locale, a far funzionare le centrali elettriche del Paese. Il gas va bene, la produzione di petrolio invece fatica. Prima della crisi il Paese produceva circa 1,5 milioni di barili. Ora a stento 350.000".
La sicurezza nei lughi dove opera Eni, spiega l'Ad, si garantisce "anzitutto creando aree di sicurezza passiva, recinzioni, sistemi di protezione dei vari campi, come a Mellitah e a Wafa; e poi facendo riferimento all'esercito", "le milizie che operano nelle diverse zone del Paese e che sono comunque pagate dalla banca centrale". Descalzi ha auspicato il ritorno in Libia di "tutti i grandi concorrenti, da Total a Bp, a Exxon", perché "vogliamo competere" nel Paese, "significherebbe più sviluppo e più investimenti", per questo, "è auspicabile non essere soli". Sui fenomeni migratori, che toccano direttamente la Libia, Descalzi ha spiegato che "la tragedia è legata alla mancanza di sviluppo, tra 20-30 anni la situazione sarà ancora più ingestibile, la popolazione cresce e arriverà a due miliardi eppure è lì che manca energia, che ci sono disfunzioni. Per evitare che il gap si allarghi - conclude - dobbiamo affrontare oggi il tema dello sviluppo dell'Africa. L'energia dell'Africa deve andare in modo prioritario allo sviluppo dell'Africa". (AGI)