(AGI) - Roma, 28 lug. - "Cosa seminiamo in autunno?". Si chiedono sconcertati i cerealicoltori di lungo corso che negli anni hanno trasformato l'area emiliano-romagnolo in un granaio di qualita'. Qui si concentra sia il 30 per cento della produzione italiana di grano tenero su una superficie di oltre 140 mila ettari, sia la piu' vasta estensione di terreni coltivati a duro del Nord Italia (65 mila ettari).
"Il grano non da' grano. Quest'anno l'agricoltore registra una perdita che oscilla dai 100 ai 300 euro ad ettaro in Emilia-Romagna". Denunciano Confagricoltura, Cia e Copagri dell'Emilia-Romagna in una conferenza stampa presso la Borsa Merci di Bologna: "A rischio un comparto strategico dell'economia regionale che vale 260 milioni di euro su una PLV-produzione agricola 2015 di 4,2 miliardi". Tra gli agricoltori in sala anche una delegazione del Veneto guidata da Stefano Casalini, presidente di Confagricoltura Rovigo che ha dichiarato: "solo in Polesine 5 mila aziende a rischio". La provincia veneta, infatti, rappresenta piu' di un terzo della produzione regionale di grano tenero, che fa riferimento alle quotazioni della Borsa Merci di Bologna.
Duro l'attacco del presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, Gianni Tosi: "Certo, i conti non tornano. Il prezzo e' lo stesso di 30 anni fa e solo nell'ultimo anno ha perso il 42%. In piu', la beffa, il prodotto italiano e' pagato meno di quello importato. Il sistema agricolo non puo' reggere quotazioni cosi' basse con costi di produzione che non sono ovviamente quelli degli anni Ottanta. Le Istituzioni devono lavorare insieme ad un piano cerealicolo nazionale che preveda investimenti nell'ammodernamento delle strutture di stoccaggio per qualificare il grano made in Italy; l'accertamento delle giacenze, rendendo obbligatoria la comunicazione annuale delle scorte al Mipaaf entro il 31 maggio; il monitoraggio delle importazioni e dei flussi di cereali all'interno dell'Ue; la verifica delle superfici coltivate e della produzione potenziale traendo i dati dai fascicoli aziendali. Un tavolo di filiera con l'obiettivo di responsabilizzare gli operatori ad una piu' equa ripartizione della redditivita', a partire dal contrasto ad ogni forma di speculazione".
Non smorza i toni Cristiano Fini vice-presidente di Cia Emilia-Romagna. "Se le quotazioni non tornano a salire, riconoscendo al frumento made in Italy il giusto valore, faremo lo sciopero della semina". E lancia una proposta al Governo: "Stop alle importazioni di grano per 15/20 giorni, cosi' da ridare fiato agli agricoltori in crisi. In queste condizioni, noi, non seminiamo. Anche perche' attualmente gli agricoltori producono grano di qualita' ma in perdita (17/18 euro al quintale per il frumento duro, largamente al di sotto dei costi di produzione) e la situazione non puo' restare questa. L'Italia ha una forte tradizione cerealicola, ma le speculazioni di mercato la stanno spazzando via".(AGI)
Bru