Quale sarà il ruolo del petrolio e del gas nello scenario energetico internazionale futuro?
Claudio Descalzi: ”Parlando di futuro dobbiamo definire il contesto e capire chi sta usando olio e gas in questo momento nel mondo. Quelli che vengono chiamati OECD country, i paesi industrializzati (Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, etc.), rappresentano solo il 14% dei 7 miliardi e 200 milioni di persone. Oggi 1,3 miliardi non hanno ancora elettricità. Quando parliamo di proiezioni di olio e gas dobbiamo pensare che la gente ha bisogno di energia e nel giro di 25 anni nel mondo ci saranno 2 miliardi di persone in più. Se guardiamo le proiezioni al 2030 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia sulla distribuzione energetica, cioè le materie prime usate per creare energia, ci rendiamo conto che l’utilizzo di gas passerà dal 21% al 23%, mentre scenderà quello dell’olio dal 31% al 29%.
“La situazione per i prossimi 13 anni non si muoverà di molto, il comparto energetico al momento produce il 70% delle emissioni di Co2 e le rinnovabili sono ancora poco sviluppate, producono l’1% dell’energia. L'Italia in questo campo è al 39% ed è la più alta al mondo, ma ha un peso marginale se si guarda la totalità. Gli idrocarburi producono 32 miliardi di tonnellate di Co2, l’Italia ne produce 380 milioni, quindi una piccola parte. L’Europa produce l’8% della Co2, e anche se non esistesse dal punto di vista delle emissioni, per come sta andando il mondo oggi, non riusciremmo comunque a rispettare l’obiettivo della COP 21 che è quello di portare questi 32 miliardi a 23. Non c’è dubbio però che dal punto di vista demografico la necessità di energia aumenterà e le rinnovabili sono ancora troppo marginali. E’ chiaro che l’oil e gas, che adesso soddisfano circa il 50% della richiesta, saranno meno necessari nei paesi OECD, ma lo saranno di più per quelli in via di sviluppo. Non possiamo dirgli improvvisamene: adesso usate solo le rinnovabili. Questi si arrabbiano anche. Perché per 70 abbiamo fatto quello che volevamo, e adesso loro devono trovare un mix energetico stupendo, caro e non continuo…? Sicuramente il mix energetico cambierà. Le rinnovabili noi le stiamo promuovendo molto ma sono ancora una cosa da paesi ricchi”.
Giacomo di Jorio (Master Petroleum engineering del Politecnico di Torino).
Cosa può fare Eni per informare la popolazione riguardo le differenze tra energia da fonti fossili e fonti rinnovabili, i loro rispettivi vantaggi e svantaggi e quali canali di comunicazione ritiene più idonei ad una corretta e diffusa informazione?
Descalzi: “Intanto è un solo analista e penso che oggi non lavori neanche più... Scherzo naturalmente. Ci stiamo focalizzando sull’upstream perché non abbiamo altro. Avevamo una piccola raffineria (ce l’abbiamo ancora) e una piccola chimica, attività poco rilevanti se si guarda ai concorrenti. L’upstream è la genesi, è il dna dell’Eni che è nata con Ravenna, con il gas e con l’esplorazione. E’ la nostra forza e la dobbiamo sviluppare. Investiamo sull’upstream perché è questo che sappiamo fare meglio. Mi dicono: perché corri? Perché so solo correre. Ed è il modo per investire sulla nostra gente”.
Enrico d'Alterio (Master Petroleum engineering del Politecnico di Torino).
Eni è un'azienda sempre più internazionale ma che continua a essere attenta e ad investire anche in Italia. Si veda a tal proposito lo stanziamento di 2 miliardi di euro distribuiti nel quadriennio 2017-2020 per potenziare e migliorare l'upstream a Ravenna. Purtroppo però la situazione non è sempre semplice a causa dell'opinione pubblica troppo spesso mal informata ed impaurita, che si oppone alle campagne di perforazione sul nostro territorio. A questo punto vorrei sapere, nonostante gli ultimi rifiuti e difficoltà incontrate in diverse aree d'Italia, quali strategie l'azienda pensa di adottare con gli stakeholder al fine di poter intraprendere nuove campagne upstream?
Giulia Molinar (Master Petroleum engineering del Politecnico di Torino).
Qual è la politica Eni per quanto riguarda la bonifica e la gestione dei campi pozzo abbandonati? L’azienda sta investendo in tecnologie per oil spill recovery e oil remediation (il recupero di sversamenti di petrolio e ambienti contaminati)?
Visto il netto aumento, negli ultimi anni, delle malattie cancerogene nella mia zona, mi interesserebbe sapere quali misure vengono effettivamente prese per preservare l'ambiente e la salute degli abitanti delle zone limitrofe.
Ha partecipato al progetto Erasmus, insieme ai ragazzi di altre tre nazioni: Olanda, Norvegia e Croazia.
Raffaele Sassano (Istituto scientifico G.Peano di Marsico Nuovo).
Lei dice che non ci sono state contaminazioni. Ma quattro o cinque giorni fa è uscita la notizia sul Fatto Quotidiano in cui si dice che l’ENI ammette lo sversamente di 400 tonnellate di petrolio. Nel centro oli, che comunque è grande una quarantina di chilometri. Come fa a dire una cosa del genere?
Descalzi: “No il centro oli è una aerea molto più limitata, a Viggiano. E’ un’area presidiata e delimitata. E non è vero che ha creato un danno alla salute degli abitanti”.
Descalzi: “Si tratta di incidenti che riguardano le installazioni e non le persone. Incidenti grossi nel comparto mondiale della raffinazione ce ne sono uno ogni dieci anni. Inoltre nessuno dei due incidenti ha superato le soglie di emissione. Da un punto di vista statistico, essendo combustibili ad alta temperatura, un incidente può succedere. L’importante è avere un sistema di sicurezza che permetta di individuare l’incendio e bloccarlo, in modo che non impatti né sull’ambiente né sulle persone”
Dalila Grilli (Master Petroleum engineering del Politecnico di Torino).
Qual è la politica di Eni nella partecipazione ai fondi per la ricerca? L’azienda ha intenzione di finanziare progetti svolti da enti di ricerca pubblici che siano esterni ad essa?
Descalzi: “La propensione alla ricerca è patrimonio genetico di Eni. dal 2009 al 2016 abbiamo già investito 1 miliardo e 500 milioni. Siamo connessi con moltissime università, solo in Italia 35, senza contare il resto del mondo. Lavoriamo non solo per fare progetti, ma licenze e tecnologie da applicare. Negli ultimi 8 anni abbiamo sviluppato 6000 licenze e 300 tecnologie che stiamo utilizzando in tutti gli ambiti, dalla perforazione alla sicurezza e all’impatto ambientale. La trasformazione di ENI di cui abbiamo parlato dipende dalla capacità di fare ricerca e sviluppare tecnologie innovative”.
Giovanni Crimi (Master Medea).
Sentiamo ogni giorno storie di cervelli in fuga, giovani laureati che vanno all'estero a cercare fortuna (io stesso ho passato alcuni periodi all'estero dato che sentivo l'Italia un po' stretta e provinciale ma sono tornato grazie all'opportunità del master Medea). Quali sono i consigli che si sente da dare a noi giovani? Date le condizioni che noi tutti conosciamo, ci consiglia di rimanere o partire? Cosa farebbe al posto nostro?
Gianluca Raffaele Cuzzola (Master Petroleum engineering del Politecnico di Torino).