È il presupposto per una vita dignitosa. È un diritto fondamentale riconosciuto dalle Nazioni Unite (con la Convenzione Internazionale sui diritti economici, sociali culturali), dall’Unione Europea (nel trattato di Lisbona) e da molte costituzioni nazionali (quella italiana non la menziona esplicitamente, ma ci ha pensato più volte la Corte Costituzionale). Eppure, avere un’abitazione dignitosa, sicura, adeguata dal punto di vista igienico e sanitario è diventato sempre più difficile in Europa a causa della crisi economica e finanziaria iniziata dal 2008.
Il rapporto sull'esclusione abitativa
È il quadro che si ricava dal rapporto 2017 “Second overview of housing exclusion in Europe”, curato dalla Fondazione Abbé Pierre, ong francese la cui attività si concentra appunto sul diritto alla casa. Il rapporto mette insieme dati da diverse fonti nazionali e comunitarie (uffici statistici come l’ISTAT, ministeri per la famiglia e le politiche sociali, ong) per dipingere un ritratto impietoso dell’impatto della crisi.
Nessuno sa quanti sono i senzatetto
Cominciamo dal dato che non c’è: il numero complessivo dei senzatetto in Europa. Impossibile una stima precisa, anche se ci sono indicazioni che siano in aumento in molti paesi: del 5 per cento negli ultimi 7 anni in Spagna, del 50 per cento negli ultimi 11 in Francia, del 6 per cento in sei anni da noi, del 34 per cento in appena 4 anni in Belgio. In Grecia, il paese europeo, più colpito dalla crisi, il numero di persone che si è trovata anche solo temporaneamente a dormire in strada è aumentato del 71 per cento negli ultimi 5 anni. Ma quello che il rapporto fotografa con precisione è il crescente numero di persone a rischio: quelli in arretrato con l’affitto, il mutuo o le bollette, quelli che si accontentano di una casa molto più piccola di quella di cui avrebbero bisogno, quelli per cui può bastare una spesa imprevista per ritrovarsi sulla strada. Sono 25 milioni di famiglie in Europa che faticano ogni mese a pagare la casa, più di 9 milioni cronicamente in ritardo su affitto o mutuo.
Le famiglie povere
Per cominciare, la fondazione Abbé Pierre è andata a guardare come è cambiata la percentuale di famiglie che spendono più del 40 per cento del proprio reddito per la casa. È questa la soglia oltre la quale si è costretti a tagliare altre spese essenziali, e basta uno stipendio ritardato per andare in sofferenza su affitto o mutuo. Bene, la percentuale di famiglie povere (ovvero, con un reddito inferiore al 60 per cento della media nazionale) in questa situazione era – nel 2014, ultimo anno con rilevazioni comparabili in tutta la UE – del 40 per cento in tutta l’Unione, con punte del 54 per cento in Germania, del 68 per cento in Danimarca e addirittura del 95 per cento nella Grecia travolta dalla sua crisi senza fine.
Impostazioni differenti
Per fare confronti sensati tra i vari paesi europei, avverte il rapporto, bisogna però capire che nella maggioranza di essi le famiglie in condizioni di povertà abitano soprattutto in case di proprietà di cui pagano solo le spese di manutenzione – specie nei paesi ex socialisti, dove la casa è spesso ancora quella assegnata alla famiglia prima del crollo del Muro. Per contro, in paesi come Germania o Austria, le famiglie povere sono tipicamente in affitto. Ci sono poi paesi come Finlandia, Irlanda o Francia, che con una politica attiva di case popolari e affitti calmierati che riescono ad assorbire quote significative della popolazione povera. Da notare invece che Svezia e Danimarca, in teoria esponenti del proverbiale welfare nordeuropeo, sono tra i paesi che fanno di meno per garantire una casa a chi non può pagare un affitto.
Il rischio di perdere la casa
Per misurare quale sia il rischio di perdere la casa corso dalle famiglie, il rapporto usa un indicatore complesso: l’esposizione alle fluttuazioni di mercato, che misura quanto un aumento dei tassi di interesse sui mutui o un adeguamento dell’affitto può incidere sulla possibilità di arrivare alla fine del mese. Il 42 per cento delle famiglie povere in Europa è altamente esposta, con punte del 68 per cento in Germania, del 77 in Lussemburgo, addirittura dell’80 per cento in Danimarca. In Italia va un po’ meglio, ma il 31 per cento delle famiglie sotto la soglia di povertà è comunque in questa situazione. E praticamente ovunque, quella percentuale è cresciuta significativamente dal 2009 in poi.
La qualità delle abitazioni
Avere quattro mura e un tetto sopra la testa, però, non vuol dire automaticamente avere una casa degna di questo nome. Il rapporto mostra come stia crescendo in diversi paesi europei, tra cui l’Italia, la percentuale di famiglie che vivono in case sovraffollate, accontentandosi di meno spazio del necessario. Per capirci, secondo i parametri delle statistiche UE, una famiglia vive in condizioni di sovraffollamento se non ha almeno una stanza per i genitori, una per ogni figlio maggiorenne e una ogni due figli minorenni. I paesi dell’est Europa sono quelli in cui il problema è storicamente più grande, con punte del 40 per cento e oltre di case sovraffollate. Ma l’Italia, con il 27 per cento, è abbondantemente sopra la media europea, ed è il paese che tra il 2009 e il 2014 ha visto crescere di più il problema del sovraffollamento.
Anche la percentuale di famiglie che faticano a pagare la bolletta del riscaldamento, o che vivono in case con eccessiva umidità, è preoccupante: la media europea in entrambi i casi è del 24 per cento circa, e per entrambi l’Italia è ben sopra: il 38 per cento di famiglie povere e il 18 per cento del totale della popolazione totale italiana ha problemi a mantenere una temperatura adeguata in casa durante i mesi invernali, con una crescita preoccupante dal 2009 in poi.
Deprivazione abitativa
L’indicatore chiave del rapporto è però la “severe housing deprivation”, che si potrebbe tradurre con “deprivazione abitativa severa”. È un parametro “di dignità” che mette assieme sovraffollamento, riscaldamento, umidità, illuminazione e costo della casa per misurare chi ha e chi non ha un’abitazione dignitosa, sana, sicura nel tempo. E qui il dato si fa preoccupante per l’Italia. Perché mentre a livello Europeo la percentuale di chi vive in condizioni non dignitose si aggira intorno al 5 per cento, e mentre nella maggior parte dei paesi si è avuto un complessivo miglioramento negli ultimi anni, in Italia nel 2014 il 9,5 per cento delle persone erano “house deprived”, con un aumento di 2 punti percentuali dal 2009. Dopo l’Ungheria, l’aumento più evidente in tutta Europa.
Difficoltà per i giovani
La fascia di età più colpita, manco a dirlo, è quella dei più giovani: praticamente ovunque, le percentuali di “deprivazione abitativa” sono significativamente più alte per chi ha tra 20 e 24 anni che per la popolazione totale, e in crescita. In Italia sono in questa situazione il 15 per cento dei giovani. Trend esattamente opposto per gli over 65, più o meno ovunque più protetti dagli effetti della crisi.
Infine, e anche questo non dovrebbe sorprendere, gli extracomunitari sono molto più a rischio dei cittadini UE: in Italia, per esempio, gli extracomunitari che faticano a sostenere il costo di una casa sono quattro volte più numerosi degli italiani.