R oma - A sei anni dall'ultima mostra organizzata dalla Fondazione Roma Museo, torna nella capitale una retrospettiva dedicata al celebre pittore statunitense, Edward Hopper, famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea. La mostra, aperta dal 1 ottobre al museo del Vittoriano, si accosta al pittore newyorchese mostrando al grande pubblico opere note insieme a studi preparatori meno noti, per guidare lo spettatore a comprendere il suo percorso artistico. Nato a Nyack nel 1882 e morto a New York nel 1967, Hopper è uno degli artisti più amati dal pubblico internazionale, per le emozioni e le visioni che evocano i suoi personaggi e per la sua pittura, caratterizzata da un cromatismo assolutamente suggestivo. "Non dipingo quello che vedo ma quello che provo", amava dire.
L'artista utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, durante i suoi viaggi giovanili, ma di fatto il suo stile fu personalissimo e imitato, a sua volta, da cineasti e da fotografi. L'esposizione al Vittoriano comprende circa 60 capolavori realizzati tra il 1902 e il 1960, prestati eccezionalmente dal Whitney Museum di New York, tra cui le opere iconiche "Le Bistro or le Wine Shop" (1909); "Summer interior" (1909); "New York interior" (1921); "South Carolina Morning" (1955); e "Second Story Sunlight"(1960). Prestito eccezionale e il complesso e seducente olio su tela "Soir Bleu", opera della lunghezza di circa due metri, realizzato da Hopper nel 1914 a Parigi. All'esposizione delle opere si aggiunge una sezione del tutto inedita, dedicata all'influenza del'artista sul grande cinema, come nei film che hanno per protagonista il detective Philip Marlowe, creato dallo scrittore Raymond Chandler, i lavori di Hitchcock - Psycho e Finestra sul cortile -; quelli di Michelangelo Antonioni , fino ai diversi riferimenti hopperiani ne "Il grido", "Deserto rosso" e "L'eclisse".
In "Profondo rosso" Dario Argento ricostruisce "Night hawks" nella sequenza del bar, in "Velluto blu" e "Mullholland Drive" il grande David Lynch si ispira a molte opere di Hopper, così come Wim Wenders in "Paris Texas" e i fratelli Coen in "L'uomo che non c'era". La retrospettiva è organizzata da Arthemisia Group con il Whitney Museum of American Art di New York ed è curata da Barbara Haskell in collaborazione con Luca Beatrice. Sara' possibile visitarla fino al 12 febbraio. (AGI)