Twitter dà la caccia agli account falsi e negli ultimi due mesi ne ha sospesi 70 milioni. In media più di un milione al giorno, un ritmo doppio rispetto a quello dello scorso ottobre, quando la società aveva ammesso le interferenze russe sul social network nel corso della campagna elettorale statunitense del 2016. Lo scrive il Washington Post citando un documento riservato di cui sarebbe entrato in possesso.
Il dilemma di Twitter sulla libertà d’espressione
Il quotidiano americano parla di “cambiamento filosofico” di Twitter. A lungo autoproclamatisi “il braccio della libertà di parola del partito della libertà d’espressione”, il board del social sarebbe entrato nell’ottica di frenare il rischio di deriva verso un utilizzo incontrollato del sito di microblogging. “Abbiamo ripensato il modo in cui bilanciare la libera espressione degli utenti con il (rischio, ndr) potenziale di raffreddare il modo di parlare altrui” ha spiegato Del Harvey, la vice presidente di Twitter che si occupa di fiducia e sicurezza online, in una intervista precedente alle rivelazioni del Post.
We've identified a bug impacting some abuse report notifications over the last 3 days where we mistakenly indicated accounts had been found in violation of multiple policies, rather than just the one(s) in violation. We're resolving this issue now - sorry for the confusion!
— Twitter Support (@TwitterSupport) 29 giugno 2018
Il suo discorso sembra suonare qualcosa come ‘le mie libertà finiscono dove cominciano le tue’, e il rischio di innescare una spirale del silenzio, come teorizzata dalla sociologa Elisabeth Noelle-Neumann, era troppo grande. Una tesi secondo cui l’opinione più diffusa rischia di zittire quelle in contrasto delle minoranze. “La libertà di espressione conta poco se le persone non si sentono sicure”, aggiungeva Harvey annunciando la nuova e intransigente politica della società di San Francisco che, parole sua, soltanto negli ultimi tempi ha potuto dedicare risorse alla battaglia contro gli account falsi.
Gli account fake sono un problema anche per Twitter?
Oltre che per la salubrità del discorso pubblico, il numero di account falsi potrebbe essere un problema anche per Twitter. La sua base di utenti attivi, secondo i dati del rapporto del primo trimestre del 2018, è composta da 336 milioni di utenti. Se gli account coinvolti fossero davvero 70 milioni, la credibilità di Twitter agli occhi degli inserzionisti pubblicitari – una delle fonti di reddito dell’azienda – potrebbe essere messa in forte discussione. Harvey però rassicura e spiega che, in molti casi, gli account sospesi non erano attivi, e quindi non conteggiati in quei 336 milioni.
We’re expanding our team as we continue to focus on the health of the public conversation on Twitter. https://t.co/RswLdAyRxM
— Del Harvey (@delbius) 21 giugno 2018
Lo scorso 26 giugno, poi, Twitter aveva pubblicato una nota in cui spiegava le sue mosse contro lo spam e i bot maligni, quelli cioè in grado di postare centinaia di cinguettii al giorno in maniera automatica. La società annunciava di aver introdotto “nuove misure per combattere troll e abusi e nuove norme sulle condotte d’odio e gli estremismi violenti”. Risultato? “Più di 9.9 milioni di profili controllati a settimana” soltanto a maggio 2018; una lotta a tutto campo che ha portato a una significativa riduzione delle segnalazioni degli utenti, che forse hanno cominciato a sentirsi più sicuri. Proprio quello che Twitter voleva.
Twitter e l’“Operazione Megafono”
Non è la prima volta che Twitter scende in campo per sconfiggere i profili falsi. Secondo TechCrunch, in passato la società aveva già avviato un’investigazione chiamata “Operazione Megafono” che prevedeva di acquistare profili di utenti che si presupponevano falsi per cercare di capire le connessioni con altri account fake. L’obiettivo era ricostruire le reti di connessioni tra profili sospetti. Ma secondo quanto scrive il Post, la stessa Harvey non era a conoscenza del progetto. La dimostrazione, secondo i detrattori di Twitter, che la società non sarebbe in grado di combattere in maniera sufficiente il problema. A sostenere questa tesi, già nel 2015, era stato anche Dick Costolo. L’allora amministratore delegato della società si era lasciato scappare un “facciamo schifo” riferito alla capacità di Twitter di occuparsi di chi utilizzava il social network in maniera scorretta.