"La cosa de' a lista, che tanto non serve a un cazzo, a che serve? Stamo a fa' i furbetti del quartierino". È il 22 luglio del 2005, l'estate in cui tutto sembra possibile a Stefano Ricucci, Danilo Coppola e Giampiero Fiorani. Giovani, spregiudicati, belli, col primo inseguito anche dalle riviste di gossip per la relazione tempestosa con l'attrice Anna Falchi. Folgorante quella battuta in romanesco che finisce agli atti dell'inchiesta sulla scalata alla banca Antonveneta. Perché segna un'epoca della finanza italiana in cui un gruppo di parvenu prova a rovesciare il tavolo delle vecchie famiglie del capitalismo nostrano e perché il più sfacciato di tutti, ascoltato dalla Guardia di Finanza, si 'auto- incrimina' ammettendo di fatto il 'concerto' illecito per scalare il gigante veneto.
Antonveneta e il tifo del Governatore
Nulla avrebbe potuto questo manipolo di finanzieri con un pedigree striminzito senza il sostegno appassionato del Governatore di Bankitalia. Ad Antonio Fazio i grandi banchieri di Milano e Torino erano invisi e lo aveva già dimostrato bloccando una loro Opa su Banca di Roma. E anche le forze straniere gli erano nemiche tanto da invocare pubblicamente l’”italianità delle banche”. L’uomo giusto a cui affidare la sua crociata è Giampero Fiorani da Lodi. Cattolico, tutto ufficio e famiglia, con l’ambizione dirompente del provinciale che vuole far saltare le gerarchie alla guida della piccola e dinamica Banca Popolare di Lodi. Quando all’inizio del 2005 gli olandesi dell’Abn - Amro lanciano l’Opa su Banca Antonveneta, Fiorani e Fazio si fanno trovare preparati.
Fiorani compra azioni di nascosto, alleandosi con Ricucci, Coppola, i fratelli Gnutti capofila dei ‘bresciani‘, l’ad di Unipol Giovanni Consorte e altri, ai quali promette la spartizione dei guadagni dell’operazione (calcolati da Fiorani in 110 milioni), mentre il Governatore tarda a concedere la sua autorizzazione agli olandesi. “Fazio mi sfidò a far saltare il patto di sindacato in Antonveneta entro il 23 dicembre - racconterà Fiorani al processo - e io ci riuscii”. Nonostante l’esistenza di una accordo segreto venga certificata dalla Consob, il 2 luglio Bankitalia gli da’ il ‘via libera’ per scalare Antonveneta. E al telefono ringrazia così l’arbitro Fazio per essere entrato in campo: “"Tonino, io sono commosso, ti ringrazio...ho la pelle d'oca, ti darei un bacio in fronte". Per la scalata all'istituto veneto, Fiorani verrà condannato a 4 anni e tre mesi di carcere, Fazio a 4 anni, mentre Ricucci e Coppola patteggeranno restituendo molti soldi.
L’impossibile scalata a Rcs
Nel 2003 Stefano Ricucci, già denunciato per esercizio abusivo della professione di dentista e poi compratore compulsivo di case, comincia a rastrellare azioni di un altro gioiello del capitalismo italiano, Rcs. Alla fine di quell’anno aveva più del 2 per cento delle azioni, a metà maggio del 2005 sale al 13% investendo 700 milioni, alcuni prestati da Fiorani che prende in garanzia le stesse azioni Rcs. Ai primi di agosto del 2005 il gip Clementina Forleo sequestrò tutte le azioni Antonveneta acquistate dai “furbetti”, un provvedimento che fece scendere il valore delle azioni Rcs che iniziarono a essere vendute da Ricucci. Il colpo di grazia lo diede la magistratura congelando un pacchetto del 14,6% di queste azioni che si trovavano nel deposito della banca lodigiana.
Il 28 aprile 2006 Ricucci venne arrestato. Un anno dopo si seppe del suo coinvolgimento in un altro capitolo del risiko bancario, quello della tentata scalta dell’Unipol di Consorte (“Abbiamo una banca”, esultò l'ad al telefono con Piero Fassino). A quell’operazione partecipò anche Coppola, che aderì a un patto di sindacato con Ricucci e altri, e pi rivendette tutto alla compagnia bolognese incassando una ricca plusvalenza. Nel giro di un anno la magistratura aveva spazzato via sogni e proclami di espugnare Antonveneta, Bnl e Rcs. Archiviate le inchiesta di quell'epoca, l'unico a non finire più nei guai è stato Fiorani, che ora aiuta l'imprenditore pertrolifero Gabriele Volpi in Africa nella gestione delle sue società in Africa.
Ricucci, per un certo periodo trasferito a Londra (“In Italia ti uccidono con l’invidia”), viene arrestato di nuovo nel 2016 per un giro di fatture false e poi oggi una seconda volta negli sviluppi di quell'inchiesta che rivelerebbero anche la corruzione di un magistrato tributario. Una settimana fa, Coppola, detto "er cash" ai tempi d'oro, è stato condannato a 7 anni per la bancarotta di Porta Vittoria, un ambizioso progetto imprenditoriale nel centro di Milano stroncato dai debiti. In precedenza, era stato condannato a Roma per un'altra bancarotta. Nel giugno del 2010 restituisce al Fisco italiano 200 milioni di euro. Alle spalle due tentativi di suicidio in carcere. Nel 2016 Il Tribunale del Riesame di Milano gli concede i domiciliari perché a causa dei un disturbo claustrofobico ha perso oltre 20 chili in prigione. L'unica che gli è rimasta vicino la madre, sempre al suo fianco nelle udienze del processo milanese.