“Sono stato io a farla a pezzi, ma quando era già morta". Innocent Oseghale, arrestato per la morte della giovane Pamela Mastropietro avvenuta il 30 gennaio scorso a Macerata, racconta così la sua verità durante il secondo interrogatorio davanti al procuratore capo Giovanni Giorgio. "È stata la droga a ucciderla. Ho provato a rianimarla ma inutilmente”. La versione sembra aver trovato alcune conferme, ma lascia spazio ancora a qualche dubbio sul decesso della ragazza che si era allontanata dalla comunità nella quale viveva. La 18enne romana gli avrebbe chiesto della droga e, pur di averla, avrebbe avuto un rapporto sessuale nei pressi di un sottopasso, che la procura ha filmato e fatto vedere questa mattina al nigeriano. Un passaggio che collide con il castello accusatorio, che gli attribuisce una violenza sessuale, ma che invece era stato riconosciuto valido dal gip, Giovanni Maria Manzoni. Dopo aver fatto sesso – sempre secondo la ricostruzione riferita da uno dei legali di Oseghale - il nigeriano e la ragazza hanno avvicinato Lucky Desmond, che avrebbe ceduto loro la droga. Sono stati poi solo Innocent e Pamela a salire nell’appartamento di Via Spalato 124 (senza la compagnia di Desmod, come il 29enne aveva dichiarato in un primo momento), dove la ragazza si sarebbe sentita male.
“Le ho buttato dell’acqua addosso per cercare di rianimarla, ma non si muoveva: non c’è stato nulla da fare. A quel punto si sarebbe fatto prendere dall'ansia. “Sono sceso per comprare un borsone da un negozio gestito da cinesi”, ha raccontato, ma una volta a casa ha scoperto che non era grande a sufficienza per contenere il corpo di Pamela. Da qui l’idea di smembrarlo e di nascondere i resti in due trolley abbandonati poi nella zona industriale di Pollenza, dove sono stati ritrovati il giorno dopo. Per l’accusa invece sarebbe stato Oseghale a uccidere e non la droga.