In Lombardia un protocollo per dare un nome ai morti senza identità
La regione è la prima in Italia ad adottare un modello che la Commissaria Straordinaria del Governo per le persone scomparse, Maria Luisa Pellizzari, auspica venga esteso a livello nazionale

© Ugo Barbàra/ AGI - Il cimitero dei migranti senza nome a Castellammare
AGI - Una questione di dignità. è l'esigenza che, spiegano i firmatari riuniti in Prefettura a Milano, ha spinto la Lombardia a diventare la prima regione d'Italia a dotarsi di un protocollo per il riconoscimento dei cadaveri privi di identità, seguendo l'esempio di Milano che già lo aveva. "Emozionata" si definisce il medico e antropologo Cristina Cattaneo che, pure, nella sua vita professionale si è confrontata con enormi tragedie, dando un nome alle vittime dei naufragi nel Mediterraneo col suo Labanof, il laboratorio della Statale di Milano diventato un modello nel mondo.
"Il fatto che ci siano così tante persone non identificate, in Lombardia, sono circa 200 ma il dato è sottostimato e il protocollo aiuterà ad avere numeri più realistici, vuol dire che manca una rete di dati tecnici per identificarli - spiega -. Il valore dell'intesa è proprio questo: la condivisione delle informazioni tra varie agenzie che permetteranno di identificare non solo i morti di interesse giudiziario ma anche quelli che non lo sono e che rischiano di non vedere riconosciuta la loro identità".
Attorno al tavolo, ci sono quasi tutti i rappresentanti delle istituzioni chiamate a partecipare alla ricerca delle identità: il prefetto di Milano Renato Saccone e i suoi colleghi lombardi, la Commissaria Straordinaria del Governo per le persone scomparse Maria Luisa Pellizzari, i procuratori lombardi, la Regione Lombardia, il Comune di Milano, ANCI Lombardia.
"La banca dati del dna non basta - chiarisce Cattaneo - C'è questa idea che basta prendere un prelievo, un capello, un tampone salivare dal morto e che verrà identificato dalla banca dati, ma non è così. Il dna rimane uno degli strumenti identificativi più potenti che abbiamo, tuttavia a volte la persona scomparsa non ha familiari o non riesci a trovare i suoi effetti personali perchè la denuncia di scomparsa avviene molto tempo dopo o magari è qualcuno che vive si margini della società. E ancora, se il cadavere viene trovato dopo molti anni o è stato in mare può essere difficile trovare un profilo utile. Senza un'autopsia non si può fare l'identificazione, bisogna eseguire gli esami".
La procuratrice di Milano Francesca Nanni si spinge ad annunciare che, nel caso di ritrovamento dei resti di una persona senza identità, "si valuterà con molta generosità l'esistenza di una possibile ipotesi di reato per dare il modo di dare il via alle indagini" che stimolino il funzionamento del protocollo. Il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli si richiama alla 'damnatio memoriae' per evidenziare l'importanza del passo compiuto. "Nel diritto romano questa era la pena massima, qui invece siamo di fronte a un bellissimo esame civico ed etico da parte delle istituzioni che, con un gioco di squadra, cercano di fare il possibile per dare dignità ai corpi". La Commissaria Pellizzari auspica che "Milano e la Lombardia rappresentino un modello" e va oltre: "Il mio obbiettivo è avere un modello di carattere nazionale portando questo meccanismo che, ne sono certa, funzionerà bene in Lombardia".
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