Autista, chef, colf, personal shopper: c’è una figura professionale che si occupa di tutto questo; le viene richiesta la massima dedizione e il suo lavoro vale oltre 3.000 euro. E’ la mamma. Ma nonostante il suo sia il mestiere più difficile del mondo, nessuno ha mai pensato di pagarla. A quanto ammonterebbe il suo lavoro? Esattamente a 3.045 euro netti al mese, in media. E’ la cifra calcolata da ProntoPro.it, marketplace per trovare professionisti ed artigiani.
Per calcolare lo stipendio sono state prese in considerazione tutte le attività svolte dentro e fuori casa, con le relative paghe orarie riconosciute a chi esercita i diversi mestieri al di fuori della famiglia, come lavoratore professionista. E' emerso che lo stipendio mensile medio sarebbe pari a quello di chi ricopre cariche manageriali, di medici specializzati e di liberi professionisti. In che modo? Sommando le retribuzioni medie delle singole figure professionali che una mamma incorpora in sé. Ecco cosa ne è venuto fuori.
- Si parte dal ruolo di autista privato, richiesto per accompagnare a tutte le ore i propri bambini a scuola, in piscina o dagli amici: la retribuzione oraria media per questa professione è pari a 13 euro l'ora.
- La mamma è anche uno chef a domicilio, professione sempre più in voga e che guadagna mediamente 30 euro l'ora.
- Lavanderia, stireria e pulizie sono le mansioni che in media portano via più tempo dato che per svolgere questi lavori si impiegano almeno 18 ore a settimana.
- La personal shopper ha una paga oraria pari a 50 euro: questo significa che una madre, in un mese, ne guadagnerebbe almeno 150, considerando che la sua consulenza non verte solo su scarpe e vestiti, ma anche su libri, cancelleria, articoli sportivi e giocattoli.
- Ultimo ma forse il più importante, il ruolo di life coach: ogni genitore è un life coach reperibile e contattabile 24 ore al giorno, pronto ad insegnare a gestire la propria vita, il proprio tempo e i propri affetti. La mamma è la prima life coach che incontriamo nel nostro percorso di vita e se volesse lucrare solo su questo potrebbe guadagnare 8.810 euro al mese, cifra che non è stata inserita nel computo.
Un riconoscimento dal tribunale? “Difficile”
E chissà che, un giorno, il valore del mestiere di mamma non verrà riconosciuto ufficialmente. Per ora si va esattamente nella direzione opposta. Soprattutto all’indomani della sentenza rivoluzionaria depositata dalla Corte di Cassazione, che ha spazzato via decenni di diritto di famiglia stabilendo che d’ora in poi, in sede di divorzio, per l’assegno di mantenimento si terrà conto solo dell’autosufficienza economica. E non più del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
“La decisione della Cassazione – spiega all’Agi l’avvocato divorzista Eliana Onofrio - sembrerebbe avere come obiettivo quello di mettere un freno ai casi in cui il coniuge economicamente più debole, che si è ‘sposato bene’, decida di non lavorare affatto e di godere esclusivamente dello stipendio del coniuge, anche dopo la fine del matrimonio. Purtroppo però è punitiva per tutte quelle donne che, in accordo con il marito, hanno scelto di lasciare il proprio lavoro per occuparsi della casa e dei figli secondo una tradizionale divisione dei ruoli, permettendo così al coniuge di lavorare e fare carriera”. Una scelta, questa, che comporta per la donna una rinuncia all’affermazione professionale, all’autosufficienza economica e al versamento dei contributi pensionistici. “E’ chiaro che la fine del matrimonio mette in seria crisi queste mogli che dovrebbero rientrare nel mondo del lavoro non più giovanissime e dopo una lunghissima pausa”.
Per le donne senza lavoro in realtà aumentano i problemi
Possibile che questa sentenza renda più difficile ottenere un assegno sostanzioso per quelle donne che non hanno un lavoro? Dovrebbe essere il contrario. Aggiunge l'avvocato Onofrio: "Il coniuge più debole: avrà l’onere di provare che è disoccupato non per inerzia ma perché non è riuscito a trovar lavoro (quindi, dovrà tenere scrupolosamente tutti i documenti che attestano le richieste di colloqui inoltrate e le risposte negative, da produrre in giudizio); Nel caso di donne che hanno lasciato il lavoro per dedicarsi a casa e famiglia, il rischio di non vedersi riconosciuto un assegno di divorzio che copra la mancata contribuzione pensionistica e che consenta loro di vivere senza lavorare aumenta molto; (attenzione: diverso è il discorso in sede di separazione, ove l’assegno di mantenimento verrà sempre riconosciuto al coniuge bisognoso perché permangono, anche se in misura più affievolita rispetto al matrimonio, i vincoli di assistenza materiale)". In conclusione, il soggetto economicamente più debole dovrà attivarsi velocemente per trovare in fretta un lavoro...
I numeri dei divorzi
Secondo l’ultimo rapporto Istat su matrimoni e divorzi, pubblicato a novembre 2016 “nel 2015 si è registrato un consistente aumento del numero di divorzi che ha raggiunto quota 82.469 casi (+57% rispetto al 2014). Un dato in ascesa soprattutto per l’introduzione del divorzio breve”. Quanto all'assegno di mantenimento, le donne restano le beneficiarie quasi esclusive durante la separazione: “La quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre equivale al 94% del totale delle separazioni. Mentre i casi in cui l’abitazione coniugale è assegnata alle mogli è aumentata dal 57,4% del 2005 al 60% del 2015 ed è arrivata al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne”. Più bassa, e di molto, la percentuale degli assegni di divorzio: "Se 30 anni fa venivano riconosciuti nel 60% dei casi, lo scorso anno sono stati riconosciuti solo nel 19% dei casi".