Roma - Un uomo sapeva già tutto vent'anni fa del disastro ambientale nella cosiddetta Terra dei fuochi. Conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria. Quest'uomo si chiamava Roberto Mancini, un poliziotto morto il 30 aprile 2014, ucciso dal cancro. E' la storia raccontata nel libro 'Io morto per dovere', in uscita questa settimana (Chiarelettere, Milano 2016, Collana Reverse, pp. 168, 15 euro) da Luca Ferrari, Nello Trocchia con Monika Dobrowolska Mancini e con la prefazione di Giuseppe Fiorello. Raiuno manderà in onda la fiction "Io non mi arrendo", lunedì e martedì 15 e 16 febbraio, proprio sulla storia di Mancini con Beppe Fiorello protagonista. Mancini, che aveva scritto un'informativa rimasta per anni chiusa in un cassetto e ritenuta non degna di approfondimenti, ha continuato il suo impegno depositando, nell'ultimo periodo della sua vita, un'altra informativa (pubblicata per la prima volta nel libro).Ora sarà riconosciuto dal ministero dell'Interno come "vittima del dovere". Un giovane poliziotto cresciuto tra le fila della sinistra extraparlamentare negli anni confusi e violenti della contestazione. Manifestazioni, picchetti, scontri di piazza, poi la scelta della divisa, per molti incomprensibile e spiazzante, per Mancini del tutto naturale. Il libro racconta la sua vicenda, tessendo insieme con delicatezza e profondità le testimonianze dei colleghi e della famiglia (la moglie Monika, che ha collaborato alla stesura, la figlia Alessia, che aveva tredici anni quando il papa' e' morto), i documenti, oltre dieci anni di lavoro alla Criminalpol e la voce stessa di Mancini, che restituisce la sua verità e tutto il senso della sua battaglia umana e professionale. (AGI)