Il ricercatore universitario Ahmadreza Dyalali, condannato a morte per spionaggio in Iran, avrebbe confessato di aver fornito notizie riservate al Mossad e di aver avuto almeno otto contatti con servizi di intelligence stranieri. La scarcerazione di Djalali, iraniano che ha studiato e lavorato in Italia prima di trasferirsi in Svezia e poi tornare in patria, e' stata chiesta da Amnesty international, che accusa Teheran di aver messo in piedi un processo-farsa, e per il ricercatore si e' mosso si sono mossi anche il parlamento italiano e la Farnesina, insieme ad altre istituzioni internazionali. Cio' non e' bastato affinche' il regime iraniano desistesse dall'imputargli episodi di spionaggio mai provati, se non attraverso confessioni che potrebbero essere state estorte.
Il 21 ottobre è stata pronunciata la prima condanna a morte per l'uomo, che è stata confermata il 9 dicembre in Appello., ma si e' trattato di udienze alle quali in pochi hanno potuto assistere. Salvarlo, e' una corsa contro il tempo. Per il capo della magistratura iraniana, Abas Yafari Dolatabadi, Djalali ha fornito ai servizi segreti israeliani "informazioni sulle centrali nucleari e sulle infrastrutture della Difesa iraniana". Di recente i senatori Elena Ferrara, Elena Cattaneo e Luigi Manconi hanno chiesto al ministro degli Esteri, Angelino Alfano, di convocare l’ambasciatore dell’Iran a Roma "per chiedere conto di quello che appare un atto di grave violazione dei diritti fondamentali della persona".