Un foglio bianco macchiato da troppe parole che affollano uno spazio che solo apparentemente ama condividere con gli altri. Lettere vergate senza chiarezza, sporche di ricordi, pesanti da trascinare, macchiate di un sangue innocente che chiede ancora giustizia. Il margine sinistro, l’origine della vita, di quel Big Bang dal grande rintocco, risulta progressivamente occupato, indicativo di chi riesce a spiccare soltanto voli orizzontali, guardando indietro, per capire e cercare conferme in quel passato a cui lancia interrogativi, che rimarranno senza risposta.
Manca l’aria buona, salubre e ben ossigenata nella sua ressa di parole. Il tutto è asfittico e con poco respiro, cucito con un filo grafico spesso in un movimento allacciato e frenato. Anche il margine destro è particolarmente occupato, ma in maniera irregolare e cangiante, di chi alterna ottimismo verso il proprio futuro e momenti di forte preoccupazione. Nel testo della lettera si rileva una predominanza di angoli smussati, sia alla base che alla sommità delle lettere, indicativo di savoir-faire, un grande manipolatore, sa come trattare con gli altri e farseli amici, la sa raccontare molto bene, utilizzando ad arte la parola scritta e parlata. Nel contesto si rivela, anche, la presenza di angoli appuntiti sia basali che apicali, che indicano caparbietà, testardaggine ed ostinazione, dimensione con cui dialoga sapientemente, esortandosi alla moderazione, per non autodistruggersi.
Nell’insieme del testo, senza addentrarci in un’analisi particolareggiata, i valori del segno del Calibro e della Larghezza di lettera si muovono in un contesto di grado medio-piccolo, mentre cambiano in maniera tangibile nella firma di Cesare Battisti. La sua sottoscrizione si presenta oscura, senza luce interna, piccola ed angolosa, con linee di sangue occulto, di chi vive al buio della propria coscienza, in un clima interiore di disagio personale, blindatura, asprezza, irritabilità, spirito di contraddizione, risentimento e vendetta. Nella confusione e nel disordine grafico della sua scrittura si coglie un’attività di pensiero intesa, spasmodica, in cui cerca di far coincidere, forzatamente, le proprie idee con le proprie azioni, in una personale verità superiore, come di un Dio giustiziere, inclemente e senza pietà.
Anche i suoi pensieri sono serrati e taglienti come lame, dove le parole dure e affilate abitano numerosi angoli bui, in quelle zone di risacca, in cui è stata risucchiata la vita di coloro avevano deciso di fermare la folle corsa di Cesare Battisti; l’uomo dalla mille maschere, il fuggitivo camaleontico.