Quando parliamo di Blu, parliamo di uno degli street artist più influenti della scena internazionale e questo bellissimo articolo del Guardian ne è la prova.
Il suo ultimo murales, 'Càpita', prende l’intera facciata di uno dei palazzi più popolari di via Ciciliano, nel quartiere romano di Ponte Mammolo, ed è stato realizzato in collaborazione con il Comitato di quartiere Mammut, un gruppo autogestito e supportato dal fumettista Zerocalcare, cresciuto proprio a Ponte Mammolo.
'Càpita' è un’opera che manda un messaggio molto chiaro. Gli scivoli acquatici mimetizzati all’interno di un intestino umano malconcio e variopinto, non sono altro che l’immagine della nostra società malata, in cui il lusso di scivolare in una vasca piena d’acqua, champagne e bollicine è concesso solo a pochi, mentre tutti gli altri sono costretti ad affogare in una pozza d’acqua putrida, che continua giorno dopo giorno a riempirsi di lacrime innocenti.
Lo schema lo conosciamo bene, anzi ormai dentro di noi sembra quasi che lo abbiamo inesorabilmente fatto nostro: da una parte la società degli intoccabili, dove corruzione, politica e capitalismo vanno allegramente braccetto; dall’altra la massa, destinata a soccombere inerme al potere dei più forti. La salvaguardia di questa giostra maledetta, come mostra chiaramente l’opera, è affidata a delle presunte forze dell’ordine che accecate da onore e obbedienza sono costrette a reprimere i buoni e a servire i cattivi.
“Càpita” sembra gridarci “Rinnegatemi”, sembra ordinarci “smettetela di dire: che ci vuoi fare, càpita”, sembra sussurrarci “finitela di parlare a bassa voce e iniziate ad urlare per cambiare le cose”.
Queste sono solo interpretazioni, ma se smettiamo di credere che l’arte come forma di protesta, esista per aprirci gli occhi e spingerci a cercare una soluzione, abbiamo già perso in partenza; e dentro quella vasca putrida non potremo salvarci neanche da noi stessi.