Donne sull’orlo di una crisi di nervi. Donne, tenniste, oggi serissime candidate a diventare numero uno del mondo, addirittura cinque volte in tre mesi, addirittura arenate ad appena cinque punti dal sogno, come Simona Halep, che cade rovinosamente, di nervi, e si ritrova ultima della fila, con le altre che le ridono in faccia perché ha perso due finali su due al Roland Garros. Donne che raggiungono la vetta della classifica picchiando alla cieca come la ceca Karolina Pliskova, muovendosi in campo poco e male, con mille dolori e dolorini, lasciando spesso per strada il primo set, puntando orgogliosa alla consacrazione sulla superficie più dura, il cemento di New York, nel torneo dello Slam dove è arrivata più lontano, fino alla finale di dodici mesi fa.
Donne disperse, come il braccio d’oro Aga Radwanska, dopo troppe batoste contro le virago moderne e quel suo io troppo dolce, quel fisico troppo leggero. Donne come Sveta “sciagura” Kuznetsova che, fosse stata disciplinata, avrebbe lottato per il potere ed invece, fra su e giù impressionanti, si è “accontentata” di un Us Open e un Roland Garros. Donne come Angelique Kerber, che ha strappato il numero 1 del mondo con un 2016 da favola, conquistando Australian e Us Open e cedendo in finale a Wimbledon, ma un anno dopo s’è sciolta davanti alla troppa pressione di chi deve confermarsi al vertice.
Donne come Caroline Wozniacki, gran difensore, gran maratoneta, gran sorriso che conquista, e poi grandi paure, grandi ansie, grandi cali, con una collezione di otto allenatori, il numero uno del mondo dell’ottobre 2010, due finali agli Us Open e la domanda inevasa della puntigliosa Maria Sharapova: “Io sono negli ottavi, non saprei dire dov’è ora Caroline che contesta il fatto che io giocato sempre sul centrale e lei no”. Donne come Venus Williams, la più anziana del torneo, coi suoi 37 anni, che resiste agli sgambetti del destino, della sorellina che pur di batterla arriva prima anche come mamma e dei malanni, ma è ogni giorno a rischio capitombolo per quella Sindrome di Sjogren che la debilita e la svilisce. Donne come Petra Kvitova, la legittima erede dell’altra grande mancina ceca, Martina Navratilova, che però, fra pigrizia e limiti fisici, eppoi la drammatica aggressione di dicembre a casa sua da parte di alcuni rapinatori che le hanno tagliato i tendini della mano sinistra, mette in campo la disperazione dei sopravvissuti pur avendo ancora limiti di sensibilità e controllo.
Donne come la spagnola Garbine Muguruza, travolta dal successo al Roland Garros 2016, e poi riesplosa a Wimbledon nella corsa al numero 1 del mondo, cui può legittimamente aspirare per potenza, tecnica e spirito. Donne come Jo Konta, che è caduta e ha battuto la testa in modo clamoroso e strano, sull’erba della città dove vive, Eastbourne, e da lì in poi s’è persa, da numero 4 del mondo che era, tradendo i sogni di grandezza della sua nuova bandiera, la Gran Bretagna, e dei suoi asfissianti media. Donne come Maria Sharapova che trasformano anche le disgrazie in business, inclusi quindici mesi di stop per doping, grazie a una personalità che è oro colato per il tennis donne e che - sulla carta - la proietta già almeno in semifinale agli Us Open che ha già vinto, come tutti gli Slam, del resto.
Ecco, dall’alto del tabellone di New York, queste sono le principali donne del tennis. Nel lotto delle possibili protagoniste, non oggi, ma in generale, devono rientrare anche le promesse di casa America, Sloane Stephens, Madison Keys e Coco Vandeweghe coi loro grandi punti interrogativi sulla continuità, le ragazzine terribili dell’Est, Ostapenko, Svitolina e Kasatkina, le ex amiche di Francia, Mladenovic e Garcia, troppo viziate per soffrire fino in fondo, come l’enigmatica Bouchard. Ma, a ben guardare, non ce n’è davvero alcuna che si stacchi dal gruppo, nessuna che dia l’idea di poter se non dominare almeno vincere ad alto livello con una certa continuità. Vuoi per il tennis moderno così uguale a se stesso e sempre più potente e prevedibile, vuoi per difetti tutti evidenti. Perciò, malgrado tutto, il fantasma dell’opera è la neo-mamma Serena Williams, che, da gennaio, ha promesso di tornare a riprendersi il suo regno con la campagna d’Australia. Già una volta resuscitò proprio lì da una forma fisica ridicola che i giornali “down under” evidenziavano ogni giorno, impietosamente. Stavolta avrà forse l’obiettivo di una sfida nella sfida con Garbine Muguruza, l’unica che, anche per questione di età (compie 24 anni l’8 ottobre), sembra staccarsi dal gruppo delle troppe pretendenti al successo, agli Us Open come al numero 1 del mondo.
Vincenzo Martucci