Presunzione degli allenatori, libertà di critica o una sana risata di Ancelotti?
La lite televisiva tra Allegri e Adani e la "lista di proscrizione" evocata da Spalletti dipingono un ambiente insofferente al dibattito

Forse dobbiamo solo ringraziarli, tutti. Massimiliano Allegri da Livorno e Luciano Spalletti da Certaldo (la terra di Boccaccio), l’ex calciatore, oggi opinionista forbito, Daniele Adani, e la tv che li ospita, amplificando le loro parole e rispedendocele dentro casa. Grazie, perché in una sola partita, il derby d’Italia Inter-Juventus di sabato, ci hanno chiarito l’intera situazione del calcio italiano. Che riflette peraltro quella del paese. Fotografando cioè un ambiente insofferente al dibattito, alla critica, al rispetto dei ruoli e all’educazione. E un potere sempre più presuntuoso, minaccioso e vendicativo.
Prima della partita, ci pensa Spalletti che promette (o minaccia?) una lista di proscrizione dei giornalisti scorretti, per fine campionato. Dopo, si impegna Allegri, con un emblematico “adesso tu stai zitto e ascolti” col quale l’allenatore degli ultimi 6 scudetti bianconeri vorrebbe imbavagliare chi mette il dito nella piaga di un “gioco poco pratico”, per poi fuggire dal microfono e dal dialogo.
Grazie, mettono un po’ di sale a una partita moscietta, con un tempo per uno, e al discutibile sistema dell’intervista comandata del calcio nostrano. Per cui, dopo la banale domandina di corsa (con banalissima risposta), di fine primo tempo al calciatore affannato che guadagna gli spogliatoi, nelle interviste post partita non si presenta un personaggio a scelta ma quello deciso dalle due società. Che, per contratto-tv, dev’essere necessariamente l’allenatore. Il quale, necessariamente, diventa sempre più importante, sempre più filosofo, sempre più criptico, sempre più difficile.
Figurarsi se si tratta di due toscanacci, come Allegri e Spalletti. L’uno pressato, da una parte, da dirigenza e tifoseria che vogliono solo e soltanto vincere, e dall’altra, dalla critica che vorrebbe un gioco più spavaldo e spettacolare. L’altro provato dal caso-Icardi che fa il paio col caso-Totti: da un anno all’altro, un altro capitano, un altro litigio, un’altra spaccatura, un’altra polemica.
Grazie anche ad Adani. Che, prima elogia in modo talmente eccessivo Spalletti da spingerlo a prodigarsi nell’elencare i difetti della sua Inter, troppo poco capace di difendersi e di gestire la situazione, e invece attacca subito Allegri, stuzzicandone i nervi scoperti dopo la batosta contro l’Ajax in Champions League. È la dura legge del talent. Che, a differenza di Aldo Agroppi, non è caduto nella tentazione di tornare in campo come allenatore, cioè come spalla del ct della nazionale Roberto Mancini. E almeno, col suo stile personale, difende la libertà di pensiero.
Si prende troppo sul serio? Noi sposiamo il senso dell’umorismo di Carlo Ancelotti che, nella città di Totò e della pernacchia più famosa del cinema, dopo aver replicato il triplete che Mourinho aveva ricordato ai tifosi juventini, nell’ultima intervista tv ha finto di zittire il giornalista scherzando sul discutibile comportamento di Allegri. Della serie: “Una risata vi seppellirà”. Una reazione sporadica, ben diversa da quella di Spalletti che, ascoltando il replay della lite tv, ha commentato sardonico: “Adesso fate arrabbiare anche Allegri!”. Stilerà una lista di proscrizione anche dei colleghi?
P.S. Adani ha lo scudo della tv, ma i piccoli e giovani giornalisti delle piccole realtà come possono difendere la libertà di critica?
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