Avrete probabilmente letto che anche il Sardinia Radio Telescope (SRT), l’ultima e la più grande antenna della rete di radiotelescopi gestiti dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha partecipato all’ultima campagna di ascolto della sonda Cassini.
È un grande successo per la ricerca Italiana che coniuga le capacità dell’astronomia da terra con le richieste dell’astronomia dallo spazio, in particolare delle missioni planetarie, impegnate in lunghi viaggi di esplorazione nel sistema solare. Le sonde , per comunicare con la Terra, hanno a disposizione una quantità limitata di energia e i segnali che inviano sono piuttosto deboli. Per esplorare il sistema solare, occorrono orecchie molto sensibili.
Per poter seguire le missioni sparse nel sistema solare, la NASA si è organizzata, in stretta collaborazione con l’ESA (Agenzia Spaziale Europea), per avere stazioni di ascolto sparse su tutta la Terra sempre in grado di raccogliere i preziosi segnali. Si chiama Deep Space Network e, se guardate questo sito, potete vedere in tempo reale cosa stanno facendo le antenne posizionate a Camberra, in Australia, a Goldstone in California, e a Madrid, in Spagna. Cliccando sulle sigle delle missioni potrete vedere i dettagli di ciascuna sonda, dove si trova, che tipo di segnale viene trasmesso/ricevuto e quanto è il tempo di transito.
Antenne di diverso diametro
Vedrete che ogni stazione è fornita di antenne di diverso diametro. Quelle più piccole sono utilizzate per ascoltare le sonde più vicine, le più grandi quelle lontane. Pensate che da 40 anni queste antenne seguono i due Voyager, che ora sono ai confini del sistema solare e il loro segnale impiega quasi 20 ore a raggiungerci. Ieri hanno finito di seguire la missione Cassini, lanciata giusto 20 anni fa nel 1997, ma approvata dal congresso USA nel 1989, dopo almeno cinque anni di studi congiunti ESA-NASA .
Dal momento che l’ASI aveva deciso di partecipare alla missione Cassini fornendo la grande antenna, all’inizio degli anni ’90 è nata l’idea di dotare anche l’Italia di capacità di ascolto di sonde planetarie, utilizzando parte del tempo del grande radiotelescopio, che era in corso di progettazione in Sardegna. La grande antenna di 64 metri doveva essere una joint venture tra l’Istituto di RadioAstronomia (IRA), che allora faceva parte del CNR, la regione Sardegna e l’ASI che, finanziando una parte dei costi di costruzione, avrebbe ottenuto in cambio una percentuale del tempo di osservazione da dedicare all’ascolto delle sonde interplanetarie. Le idee, pur belle, però non si realizzano da sole, vanno sostenute e finanziate per lunghi periodi di tempo.
L'intervento decisivo di Giovanni Bignami
Quando Giovanni Bignami, Nanni per gli amici, divenne Direttore scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) nel 1997, SRT trovò un convinto sostenitore. Nanni pensava a Marte, il suo sogno da sempre, ma quando si dispone di una facility poi la si può usare ogni volta che si ritenga necessario farlo.
Non tutti apprezzarono l’idea. Perché mai ASI avrebbe dovuto investire dei soldi in un radiotelescopio? Perché mai gli astronomi avrebbero dovuto rinunciare a parte del tempo di osservazione del loro nuovo gioiello? Bisognava avere visione, cosa che non mancava di certo a Nanni che, insieme a Lucia Padrielli sostenne il progetto fino a quando il vento politico non cambiò.
La posizione di ASI nei confronti di SRT è mutata più volte con l’alternarsi dei Presidenti e, quando Nanni fu nominato Presidente nel 2007, l’ASI tornò ad interessarsi ad SRT. Ma al successivo cambio di governo cambiò anche la presidenza di ASI e il vento girò un’altra volta.
Adesso, finalmente le cose si sono chiarite. L’Istituto Nazionale di Astrofisica ha instaurato un’ottima collaborazione con ASI e con la NASA. Sono contenta che, dopo vent’anni di alti e bassi, l’idea di Nanni si sia realizzata e sono sicura che sarebbe stato lui il primo a rallegrarsi di questo successo italiano.