Hayabusa 2 ha tentato (e forse è riuscito) in un’impresa veramente eccezionale, mai fatta prima. Il falco giapponese potrebbe essere riuscito a raccogliere qualche campione del sottosuolo dell’asteroide Ryugu intorno al quale sta orbitando dal giugno 2018.
Sequenza di immagini di Ryugu ottenute durante l’avvicinamento tra il 18 e il 20 giugno 2018. È evidente la forma “puntuta” di questo corpo celeste.
Scopo della missione è raccogliere e riportare a casa qualche pizzico di materiale del sasso celeste che gli scienziati vogliono studiare perché gli asteroidi sono i testimoni più diretti della formazione del sistema solare. Da allora, sono rimasti inalterati e quindi possono svelarci molti segreti che sono rimasti cristallizzati nelle loro rocce.
La sonda aveva già fatto un touch down a febbraio per raccogliere (si spera) qualche campione di suolo. Tuttavia, quello che c’è in superficie è certamente alterato dalle interazioni con il vento solare e quindi, per trovare del materiale veramente pristino, occorre andare più in profondità.
Per questo Hayabusa 2 ha dovuto scavare un cratere nella superficie già molto butterata di Ryugu. Il 4 aprile ha lanciato contro l’asteroide un proiettile anticarro che è esploso in volo rilasciando un impattatore di rame di 2 kg.
La zona prescelta è indicata dalla freccia rossa
Paragonando le immagini ottenute prima e dopo l’impatto, si è visto dove si era accumulato il terreno fresco ed è lì che si è posata la sonda l’11 luglio. Ovviamente i tecnici dell’agenzia spaziale giapponese (Jaxa) non possono essere sicuri che la sonda sia riuscita nella sua storica impresa, tuttavia sono molto fiduciosi perché tutto è andato secondo i piani.
Non resta che aspettare il rientro dei preziosi contenitori (che, nel dicembre 2020, atterreranno nel deserto australiano, per evidente mancanza di terreno desertico e disabitato in Giappone). Solo allora si saprà come è andata la raccolta del materiale sia quello superficiale sia quello più profondo smosso dall’impatto.
Noi facciamo il tifo. Gli unici campioni di sottosuolo extraterrestre sono stati raccolti sulla Luna dagli astronauti 50 anni fa, nel corso delle missioni Apollo. Se il touch-down dei giorni scorsi sarà riuscito ad afferrare qualche campione, sarà l’unico altro esempio di sottosuolo di un oggetto del sistema solare.
In caso di successo, il primato dei colleghi giapponesi è destinato a durare a lungo, dal momento che la missione NASA Osiris Rex (in orbita intorno all’asteroide Bennu) pianifica solo raccolta di materiale superficiale, sempre sperando che Bennu collabori e non faccia troppi scherzi. Finora ha dato filo da torcere. Da un lato è talmente sassoso da lasciare poco spazio per i tentativi di avvicinamento e raccolta, dall’altro si è rivelato un raro caso di asteroide attivo e ogni tanto produce sbuffi di gas che potrebbero danneggiare la sonda.