L’85 per cento degli italiani condivide, esprimendo un voto tra 7 e 10, l’affermazione che la scienza sia un bene pubblico e vada affermato ed esteso il diritto di ogni essere umano alla conoscenza. La distribuzione delle risposte per fasce di età è sostanzialmente uniforme oscillando tra un massimo dell’87% tra le persone con più di 55 anni e un 83% tra i giovani tra I 18 e 34 anni.
Inoltre il 75% della popolazione italiana pensa che il futuro dell'umanità dipenda, ancora più che nel passato, dallo sviluppo della scienza. Qui forse il dato sorprendente è il divario di opinione tra i giovani che condividono tale affermazione al 70% e le persone più mature all’81%.
Rapporto Swg, dicembre 2018.
Una strana dicotomia tra opinioni e realtà
La soddisfazione per i risultati cozza però contro un mare di numeri e comportamenti sociali.
L’Italia è uno dei paesi sviluppati con il minor numero di ricercatori al mondo (considerando sia il settore privato sia quello pubblico) con un 4 per mille degli appartenenti alla forza lavoro, contro una media europea dell’1 per cento, o un 1,2 per cento della Corea del Sud.
Gli investimenti in ricerca scientifica in Italia sono in costante decrescita da decenni; solo dal 2008, l’inizio della crisi economica mondiale, la riduzione in valore reale è stata del 20 per cento. Inoltre gli scienziati italiani continuano in misura crescente a migrare verso altri paesi che tengono in maggiore considerazione la scienza e che sono riusciti a modernizzare i loro sistemi di reclutamento.
Rapporto Swg, dicembre 2018.
Investiamo in Ricerca&Sviluppo solo l’1,2 per cento del nostro PIL, contro il 2,9 della Germania , il 3,4 della Svezia o il 4 della Corea del Sud.
Siamo poi il fanalino di coda dei Paesi Ocse quanto a scolarizzazione con un numero di laureati nella popolazione in età attiva (18-64 anni) pari al 18 per cento, la metà esatta rispetto alla media Ocse, e i penultimi tra i paesi europei. Inoltre analizzando i dati per discipline, nelle cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) il divario rispetto agli altri paesi è ancora più imbarazzante.
Siamo il Paese che ha speso qualche milione di euro di soldi pubblici per consentire a furor di popolo la sperimentazione del metodo Stamina, nonostante la contrarietà degli scienziati.
Siamo il Paese in cui qualche Regione sovvenziona sempre con soldi pubblici i prodotti omeopatici.
Rapporto Swg, dicembre 2018.
Siamo il Paese in cui nei dibattiti televisivi sul tema caldo dei vaccini, sono stati mischiati, senza alcun accompagnamento critico, i pareri di presunti scienziati, le emozioni di poveri genitori di un bambino autistico, e la voce isolata di un unico scienziato, autorevole non per sé, ma per il grado di affidabilità dei dati che illustrava. Dibattiti da cui si evince in maniera inoppugnabile la pochezza della cultura scientifica, nel senso di scarsissima comprensione di cosa significhi veramente fare scienza, su cosa si basi il suo approccio epistemologico e di come si misuri quantitativamente il grado di confidenza dei risultati scientifici.
Siamo il Paese in cui i temi dell’istruzione e della ricerca scientifica sono costantemente assenti dal dibattito politico e lo sono stati nella campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018, tanto da suscitare la preoccupazione della rivista Nature.
Siamo il Paese in cui il ruolo, la missione dell’Agenzia Spaziale Italiana come Ente di ricerca rischia di essere messa in discussione.
L’elenco potrebbe andare avanti ancora a lungo.
Alcune considerazioni
Ne dobbiamo dunque trarre la considerazione che esiste un forte bipolarismo tra la valutazione positiva del ruolo della scienza che sembra emergere dal sondaggio e i comportamenti sociali degli italiani e, peggio ancora, le politiche e le strategie governative perseguite negli ultimi decenni.
Ho l’impressione che due o tre domande non bastino a misurare correttamente la qualità del rapporto tra scienza e società e forse un primo punto da chiarire dovrebbe essere quanto si confonda la scienza con la tecnologia.
E’ sicuramente positivo che l’85 per cento della popolazione abbia una generica percezione positiva della scienza e si auguri che fasce sempre maggiori di popolazione mondiale abbiano accesso alla conoscenza. Forse però non siamo profondamente consapevoli della stretta correlazione tra ricerca di base, istruzione, cultura in genere, cioè tra il livello del sapere di una nazione e il suo sviluppo economico e sociale. Se lo fossimo, dovremmo ritenere parimenti che il futuro dell'umanità dipenda, ancora più che nel passato, dallo sviluppo della scienza, mentre abbiamo un calo del 10 per cento del consenso (75 per cento, contro 85 per cento) tra prima e seconda domanda dell’indagine.
Dubito che siamo veramente consci della necessità di uno sviluppo uniforme ed equo della conoscenza e che la diversità di accesso a essa determina un aumento delle diseguaglianze tra nazioni e tra cittadini.
Rapporto Swg, dicembre 2018.
Infine, nella società attuale, la diffusione della scienza e della cultura scientifica dovrebbero contribuire a far sviluppare una democrazia matura in cui i cittadini possano in maniera consapevole e informata prendere parte ai processi negoziali su temi scientifici con implicazioni sociali ed etiche, in campi quali le scienze della vita o l’intelligenza artificiale, o ancora le nanotecnologie. E’ necessario, infatti, imparare a trovare il giusto equilibrio tra attori sociali diversi evitando da una parte che le decisioni siano prese “in sfregio” alla scienza, tollerando l’attacco degli intolleranti e ripetendo antichi errori, e dall’altra prevaricando in nome della scienza il bene comune.
Un sondaggio più concreto?
Mi chiedo quindi se passassimo da domande generiche a chiedere se qualcuno di noi sia disposto a rinunciare a un’eventuale diminuzione delle tasse per favorire gli investimenti sulla ricerca, quale sarebbe il risultato?
Che consensi avrebbe un politico che alle prossime elezioni europee assumesse come bandiera programmatica il rilancio dell’Unione Europea basato sul valore universale della scienza e in generale della conoscenza? Sulla proposta concreta che la UE possa imporre oltre ai vincoli di bilancio anche un investimento immediato del 2 per cento su R&S per poi arrivare a un 3 per cento nei prossimi cinque anni?
Conclusione
Forse la popolazione italiana ha una considerazione della scienza migliore di quanto appaia, tuttavia personalmente rimango pessimista e credo che occorra lavorare molto per migliorarla.