In Italia, dal 2015 al 2016, sono triplicati i casi di carenza di vitamina B12 in gravidanza, con esposizione del neonato ad un alto rischio di danni neurologici permamenti. Questi sono i preoccupanti risultati di un accurato esteso screening neonatale condotto dagli specialisti dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e il Meyer di Firenze, due tra i più importanti ospedali dell’infanzia d’Europa. Il trend in aumento, che tanto preoccupa i medici come me, ha trovato subito spazio tra le prime pagine dei quotidiani del Belpaese, che vuole detenere, a ogni costo, il primato del “popolo più sano del mondo”.
La vitamina necessaria
Tanto rumore per nulla? E’ noto da decenni che la vitamina B12, o cobalamina, è un micronutriente essenziale, un co-enzima utile alla sintesi degli acidi nucleici (DNA, RNA), di alcuni acidi grassi e della preziosa metionina, un amminoacido essenziale contenente zolfo. Tali elementi sono fondamentali per l’integrità funzionale del Sistema Nervoso, centrale e periferico, e maggiormente per il suo naturale sviluppo. Inoltre, la cobalamina è importante per la sintesi dell’emoglobina, proteina veicolata dai globuli rossi e necessaria per il trasporto dell’ossigeno ai tessuti. Da questo è facile dedurre quali danni possa causare la carenza di vitamina B12: dall’anemia megaloblastica ai deficit mnesici e cognitivi, fino a permanenti ritardi della crescita, qualora la carenza si verificasse durante l’età fetale e/o neonatale.
Giacché i bambini non nascono sotto i cavoli, né li porta la cicogna, il deficit di vitamina B12 nel neonato è una conseguenza delle scelte alimentari della mamma durante la gravidanza, l’allattamento e i primi mesi di vita. Questa è una responsabilità di tutte le mamme, anche di quelle vegane che, non nutrendosi con alimenti di origine animale, devono ricorrere all’uso di cereali fortificati con vitamina B12 oppure devono assumere integratori alimentari, preferibilmente sotto controllo medico.
La vitamina B12, com’è noto, non è sintetizzata dal corpo umano, né da quello di altri mammiferi, sebbene si depositi in grandi quantità in alcuni organi (come il fegato), e non è sintetizzata dalle piante, bensì da alcuni batteri dell’acqua e del suolo (Propionibacterium shermanii e Pseudomonas dentrificans), che contaminano i foraggi, come gli insilati e gli affienati, di cui vanno ghiotti i ruminanti (bovini, ovini, caprini). Se la carica batterica del foraggio non è ridotta a causa dell’inquinamento del suolo e se non si abusa di antibiotici negli allevamenti, il rumine è il migliore incubatore per produrre grandi quantità di vitamina B12 che poi si deposita nei tessuti animali.
Alla luce del crescente aumento della popolazione mondiale, della progressiva riduzione di terre da destinare ai pascoli di ruminanti, suini ed equini, gli allevamenti etici sono meno sostenibili e da qui la scelta di allevamenti intensivi, dove si ricorre all’uso di mangimi arricchiti con vitamina B12 di origine batterica, sintetizzata in laboratori analoghi a quelli utilizzati per la produzione di vitamine per uso umano. La dipendenza assoluta da vitamina B12, quindi, ci lega all’ambiente che ci circonda in modo irreversibile, e bisogna tenerne conto.
Né funghi né alghe
L’essere umano, e a maggior ragione la donna durante la gravidanza, si dovrà procurare della vitamina B12 attiva, che non è quella contenuta in funghi e alghe. Per questo motivo, si dovranno ingerire alimenti di origine animale (carni, uova, formaggi stagionati, latticini), oppure latte di soia oppure si dovrà ricorrere alle integrazioni farmaceutiche quando il rapporto con gli alimenti di origine animale diventa difficile, diversamente comprensibile piuttosto che indigesto.
Il fabbisogno giornaliero necessario di Vitamina B12 di un essere umano potenzialmente sano dipende dall’età. Secondo i LARN (Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti), le dosi giornaliere di B12 fino ai primi 3 anni di vita devono essere eguali a 0.3-0.7 microgrammi, per poi salire ai 2 microgrammi oltre i 10 anni di età. Durante la gravidanza, invece, il fabbisogno giornaliero aumenta a 2.2-2.6 microgrammi. Non fatevi ingannare dall’unità di misura, si tratta di concentrazioni che possiamo facilmente non garantire a causa di gravi distrazioni, come ha dimostrato lo studio divulgato dalla SIMMESN (la giovane Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale), o disfunzioni. Ne sanno qualcosa gli alcolisti, gli anziani e chi soffre di gravi parassitosi intestinali, i quali provano sulla loro pelle i danni da deficit di vitamina B12, pur seguendo una dieta completa, poiché non dispongono di sufficienti livelli del “Fattore Intrinseco”, una proteina sintetizzata dalle cellule della superficie interna dello stomaco e che favorisce un efficace assorbimento della vitamina B12 a livello intestinale.
Per correttezza, occorre ricordare che anche livelli ematici eccessivi di vitamina B12 (superiori ai 900 microgrammi per 100ml) nella donna gravida potrebbero essere altrettanto pericolosi. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della prestigiosa Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health ha osservato che un eccesso di vitamina B12 nel sangue delle gravide al parto poteva triplicare il rischio nei figli di sviluppare disordini dello spettro autistico a qualche anno di distanza dalla nascita. Si tratta di un primo studio osservazionale a cui dovranno seguire conferme, ma intanto ci insegna che i complessi multivitaminici non sono acqua fresca ed il loro uso deve essere indicato sotto stretto controllo medico.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso, scrive il Sommo Poeta, purché non faccia piangere anche gli altri.