L'eccessivo utilizzo e l'abuso della tecnologia ha portato ad una vera e propria rivoluzione cognitiva, soprattutto per quel che riguarda le modalità comunicative e con cui si costruiscono e si rinforzano i rapporti interpersonali. Chat e social sono il mezzo attraverso il quale mediamo con l’altro, a tutti i livelli, in tutte le fasce di età, a partire dall’infanzia fino all’età adulta. Ogni forma di relazione e di comunicazione è tecno-mediata, di conseguenza è indubbio che ci sia un’interferenza non solo da un punto di vista relazionale ma anche da un punto di vista cognitivo. Basti pensare a come la tecnologia influenzi costantemente i processi di pensiero e come ne abbia modificato la stessa organizzazione. Si può infatti sottolineare come i processi di pensiero sono più sintetici, basati maggiormente sull’esecuzione piuttosto che sulla creazione e sulla realizzazione.
Abbiamo tutto troppo a disposizione e a portata di click, non dobbiamo più creare e ragionare, non è più necessario pensare a “cosa” ma ci si sofferma invece sul “come” poter sfruttare le innumerevoli funzioni e potenzialità che abbiamo a disposizione. Tutto avviene già in modo automatico, l'essere umano ha una straordinaria capacità adattiva, siamo già entrati nella fase in cui non si riflette più sui vari aspetti che hanno portato al cambiamento ma ci si focalizza esclusivamente sugli “effetti”, senza guardare quello che invece ci spinge a comportarci in un determinato modo e che ha modificando completamente anche la nostra organizzazione di personalità.
Virtuale o reale?
Si commette ancora, purtroppo un grande errore, si tende spesso a confondere il mondo virtuale con quello reale, facendo in questo modo un errore di fondo: ci si dimentica che “virtuale” corrisponde a quello che obiettivamente nella realtà non c’è, non esiste. Mentre, la comunicazione con lo smartphone e la tecnologia che noi utilizziamo è reale, con l’unica differenza, che è semplicemente digitalizzata, ovvero avviene attraverso un mezzo tecnologico.
Se considerassimo il mondo tecnologico come qualcosa di non reale vorrebbe significare che tutto quello che avviene in quel mondo non è reale, non ha conseguenze e ripercussioni. Non è così, ci sono dei giochi e delle piattaforme virtuali alle quali mi collego e vivo in una dimensione parallela, "che non c'è", mi posso creare una seconda vita, posso giocare in un campo da calcio, correre in piste che sembrano reali, fare sesso attraverso la realtà aumentata, che svanisce quando mi sconnetto. Ma quando si parla di social, di blog, di chat, di parole, di commenti, di foto e di immagini, è tutto reale, è solo mediato dalla tecnologia. Quando mi sconnetto il tutto risuona notevolmente ancora dentro di me, il dolore non svanisce e le emozioni rimangono e lasciano un segno.
Quando lo smartphone diventa una protesi
Purtroppo oggi vi è una normalizzazione di un uso eccessivo della rete, non ci si rende conto neanche più di essere sempre connessi. Avviene tutto troppo in modo automatico, non c’è più un pensare, non si riflette più sul fatto che si utilizza la tecnologia per relazionarsi al mondo. Lo smartphone, quindi, non ha una valenza esclusivamente comunicativa, ha un vero e proprio ruolo, in quanto funge da televisione, da radio, e soprattutto funge da memoria. Non soltanto per i documenti che si possono contenere, sostituendo il vecchio hard disk, ma anche per ricordarci gli appuntamenti, i compleanni, per cercare informazioni che non si ricordano: è la nostra memoria espandibile. È divenuto completamente la protesi della nostra identità, perché il mondo in cui si vive ormai ha una comunicazione Instant e Smart.
Ed è proprio la rapida evoluzione a generare l'impatto più forte da un punto di vista emotivo e comportamentale. Basta vedere il velocissimo susseguirsi di un aggiornamento dietro l'altro, delle nuovissime funzioni delle app che rendono tutto più instant, condivisibile e in diretta, o l'evoluzione stessa degli smartphone sempre più tecnologici. Noi adulti non riusciamo minimamente ad adattarci con la stessa velocità con cui cambia la tecnologia, i ragazzi un po’ di più perché sono nati in un’era tecnologica e sono abituati a ragionare in multitasking. Questo aspetto sottolinea maggiormente le discrepanze con le ultime generazioni e il gap intergenerazionale.
Dalla 'F.O.M.O.' alla 'Nomofobia'
Gli esiti della iperconnessione sono legati all'insorgere di nuove patologie legate ad un abuso della rete e degli smartphone. La dipendenza non è data dal numero di ore trascorse sul web, è data dal condizionamento che lo strumento genera, dall'impatto sulla vita di una persona e dal non poterne fare più a meno. Si parla di F.O.M.O ossia di Fear Of Missing Out, la paura di essere tagliati fuori, che, ad oggi, sta generando delle vere e proprie crisi di ansia e insicurezza, non solo nei più giovani. Sono numerosi, infatti, gli adulti che sono incastrati in queste dinamiche, scaturite dal dover prevedere che cosa succede nei social e dall’ansia e la paura, appunto, di non essere stati considerati o inclusi in tutte le attività che vengono postate e pubblicate. Se non si è sempre presenti, se non si è sempre in attività, c’è il rischio di sentirsi emarginati e di non sentirsi protagonisti in ciò che si sta facendo e si sta svolgendo.
È un mondo molto veloce e sicuramente questo è l’impatto più forte che ha avuto nella nostra vita, generando uno stato di ansia e senso di esclusione quando non si può accedere. Inoltre, insieme alla paura di essere tagliati fuori c’è anche la paura di rimanere senza lo smartphone, senza la connessione Wi-Fi e che si scarichi la batteria, ovvero la Nomofobia da No Mobile Phone. La domanda più frequente che ci si pone è “Se non ho il telefono come faccio?”: è come se perdessimo quello strumento che in un certo senso ci orienta nella vita, come se avessimo una sorta di Google maps che ci guida in tutte le azioni che facciamo. Alla fine però non bisogna mai dimenticarsi che non è il mezzo il problema, ma l'uso che si fa del mezzo.