Il farmaco “vivente” sperimentato su un bambino malato di leucemia

L’approccio adottato dai colleghi del Bambino Gesù, guidati da Franco Locatelli, è importante perché modifica la metodica originale americana migliorandola e quindi rendendola più efficace

Il farmaco “vivente” sperimentato su un bambino malato di leucemia

Le cellule T sono i baluardi del sistema immunitario per il loro ruolo attivo nell'orchestrare le difese del nostro organismo e “uccidere” le cellule infettate da agenti patogeni oppure quelle tumorali. Oggi è possibile, con tecniche di ingegneria genetica, “ingegnerizzarle”, ovvero modificarle per potenziare la loro azione e impiegarle come farmaci “viventi”. La terapia richiede il prelievo di sangue dai pazienti e la separazione delle cellule T. Successivamente, usando un virus neutralizzato, le cellule T vengono indotte geneticamente a produrre recettori sulla loro superficie chiamati “recettori chimerici dell'antigene”, o CAR.

Questi speciali recettori consentono alle cellule T di riconoscere e legarsi a una specifica proteina, o antigene, delle cellule tumorali. La produzione delle cellule T modificate, avviene in laboratorio, e possono essere infuse nel paziente opportunamente trattato. Le cellule CAR-T si moltiplicano ulteriormente nel corpo del paziente e, con la guida del loro recettore ingegnerizzato, riconoscono e uccidono le cellule cancerose che ospitano l'antigene sulle loro superfici.

Il farmaco “vivente” sperimentato su un bambino malato di leucemia
 Agf
 Ospedale pediatrico Bambino Gesu' (Agf)

Fino a poco tempo fa, l'utilizzo della CAR-T era limitato a piccoli studi clinici, e soprattutto in pazienti con tumori avanzati del sangue. Negli ultimi due anni, l’FDA (l’Ente Americano di Regolamentazione dei Farmaci) ha autorizzato alcuni trattamenti in bambini affetti da leucemia linfoblastica acuta (LLA), aprendo di fatto la strada alla terapia di queste forme di cancro e prospetticamente anche di altri tumori.

L’approccio adottato dai colleghi del Bambino Gesù, guidati da Franco Locatelli, è importante perché modifica la metodica originale americana migliorandola e quindi rendendola più efficace. L’infusione poi effettuata su un bambino di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta, di tipo B, resistente ad altre terapie farmacologiche e a trapianto allogenico, rende ancora più interessante lo studio e conferma la potenza dell’uso di cellule CAR-T nella cura di questa forma di leucemia.

Il farmaco “vivente” sperimentato su un bambino malato di leucemia
 Ricerca - cellule (Ospedale pediatrico Bambino Gesu')

Come tutte le terapie antitumorali, anche la terapia con cellule CAR-T può causare eventi avversi preoccupanti e talvolta gravi, tra cui la sindrome di rilascio di citochine (proteine infiammatorie) e indurre quindi fenomeni infiammatori acuti con le conseguenze del caso e altri fenomeni più rari descritti in qualche caso. In tal senso, il nuovo protocollo dell’Ospedale Bambino Gesù sembra controllare questa possibilità attraverso un interruttore di spegnimento delle cellule “viventi”, riuscendo quindi a bloccarle in caso di necessità.

Come tutte le terapie sperimentali è necessario attendere altri studi di conferma e la valutazione a lungo termine dello stato di salute dei pazienti, tuttavia sono convinto che nei prossimi anni vedremo ancora grandi progressi nel campo dell’immunoterapia con cellule “viventi” geneticamente modificate. È questo il risultato più bello della ricerca e della scienza.

Leggi anche gli articoli su: Corriere della Sera, Wired, Stampa.



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