Cosa ci insegna un incontro straordinario tra scienza e società sulla morte di Fabo
Storia di due giovani ricercatrici che hanno innovato la cura di una malattia rara, un'impresa unica nata dall'incontro tra ricerca e società civile

Ci sono vuoti, assenze, distrazioni, latitanze che non possono rappresentare ciò che la società offre ai singoli quando questi sono più esposti, scoperti, indifesi. Quando diviene cruciale quella parte estesa della nostra individualità che si integra negli altri e in tutto quel resto sociale che è fuori di noi ma che entra di diritto nel progetto di una comunità. Nelle strutture fisiche, concettuali, regolative che sono con fatica e complesse dinamiche emerse nel tempo lungo della storia della civiltà.
Quei vuoti determinano il fallimento di un gruppo sociale nel dare ospitalità a diritti fondamentali. E’ successo questo nel caso del dj Fabo che ha preteso un percorso legittimo di conclusione della propria esistenza, un percorso non fraudolento e pasticciato ma lineare, legittimo, accettato e accompagnato da quel contesto di civiltà in cui ciascuno ritiene di vivere e condividere alcuni fondamentali principi.
Lo scorso 28 febbraio, in cui era vivo ed esplodeva mediaticamente questo dramma, trasformandosi in una denuncia gravissima al senso profondo di comunità, a Roma nella storica aula Marconi del Consiglio Nazionale delle Ricerche veniva presentato un libro dal titolo “Affrontare il rischio genetico e proteggere la speranza”.
Una straordinaria collaborazione tra scienza e società
Un libro testimonianza di una straordinaria impresa collaborativa tra scienza e società. Dove la scienza viene rappresentata da competenze sofisticate della psicologia, della genetica medica, della neurologia. E la società dalle famiglie dei pazienti e dalle associazioni che le rappresentano.
L’oggetto riguarda la Corea di Huntington, una malattia neurodegenerativa ereditaria dovuta alla mutazione di un singolo gene. Una malattia ad oggi incurabile che provoca la morte dei neuroni delle aree cerebrali che controllano il movimento e alcune funzioni cognitive. Una patologia genetica che è possibile diagnosticare fin dalla nascita e che però compare come malattia solo in età adulta (mediamente tra i 40 e i 50 anni).
Cosa ci insegna la malattia di Huntington sul caso dj Fabo
Le modalità in cui si può procedere all’accertamento attraverso test pre-sintomatici, la complessa rete di collegamenti familiari implicati dai fattori ereditari e le svariate cause che possono condurre alla decisione di accertare o meno la presenza della patologia, determinano un intreccio di problematiche di ordine psicologico, etico, legale e sociale, difficilmente riscontrabile in altre malattie che non siano -allo stesso tempo- di origine genetica, cronico-progressive e incurabili.
L’incidenza sulla popolazione italiana della Corea di Huntington è di 2-3 casi su 100.000 abitanti, rendendola per questa ragione una delle cosiddette malattie rare.
Animo empatico e mente competente
Il libro racconta di come a partire dalla fine degli anni '70 due giovani ricercatrici del CNR (una psicologa e un medico), dopo aver approfondito all'estero argomenti legati alla nascente genetica medica si ritrovano a collaborare su questa malattia che richiede approcci e metodologie da scoprire e ridefinire: via il metodo direttivo e prescrittivo tipico del rapporto medico-paziente e adozione di nuovi linguaggi costruiti assieme alle famiglie, alle associazioni e ai pazienti (che sarebbe meglio definire gli affetti, ossia coloro che posseggono il gene mutato), per affinare animo empatico e mente competente.
Si costruisce così un percorso, si aggregano neurologi, medici e si raccoglie una straordinaria esperienza attorno ad un'associazione mista (l'AICH Roma onlus) che svolge da vari decenni quel ruolo fondamentale di accompagno e sostegno attorno agli sfortunati, colpiti da questa grave patologia.
Il ruolo fondamentale del Cnr
Proprio quel compito di supporto, nelle forme adattate e opportune, di cui avrebbero fondamentale necessità i tanti che si trovano nella situazione denunciata con straordinaria determinazione da dj Fabo. I soggetti determinanti dell'impresa raccontata nel libro sono la ricerca pubblica e aggregati di società mobilitati da sensibilità, necessità, interessi e ragioni di varia natura ma che si nobilitano nella interazione e nel supporto reciproco.
La ricerca pubblica è certamente la chiave di volta. E in questo caso è stato fondamentale che fosse ricerca svolta nel CNR. E' al CNR che in Italia si svolgono le ricerche di maggior carattere interdisciplinare: come naturale conseguenza dell’apertura a tutte le discipline della conoscenza e di conseguenza alle loro possibili interazioni. E' nel CNR che si ha la possibilità di usufruire, anche come giovani ricercatori, di spazi di autonomia particolarmente ampi nella ricerca. E' nella missione del CNR il compito di dedicarsi alle possibili ricadute del proprio lavoro di ricerca.
L'abbandono socio istituzionale sofferto da Fabo
Esattamente queste tre caratteristiche (interdisciplinarità, autonomia, ricaduta sociale) sono cardini essenziali dell'esperienza descritta nel libro. C'è in aggiunta un argomento di particolare rilievo. Abbiamo detto che la malattia di Hungtinton è una malattia rara: riguarda cioè una piccola porzione della popolazione e di conseguenza non può rappresentare un bacino di interesse per i gruppi privati. Solo un Ente pubblico di ricerca può concentrare risorse, sforzi intellettuali e competenze sofisticate in un ambito che non può prevedere ritorni economici.
Grazie al CNR ed oggi anche a tutti gli esperti e le famiglie che fanno parte dell'impresa sopra descritta, nell'ambito della Corea di Hungtington non si respira in Italia l'abbandono socio-istituzionale sofferto da dj Fabo e da tutti quanti si ritrovano nel vortice drammatico di un fine vita di grande sofferenza e senza speranza. E' urgente riempire vuoti istituzionali e sociali che sono baratri per chi si trova in situazioni disperate.
La scienza darà certamente il proprio contributo per la soluzione delle patologie e delle problematiche socio-cognitive correlate. Sarà però fondamentale che le istituzioni e la politica siano in grado di riallacciare i nodi di una rete di protezione e sostegno oggi sempre più dispersa tra superficialità, pregiudizi, intransigenze e integralismi.