I terremoti nascono dai moti lentissimi ma inesorabili delle placche tettoniche. Le placche sono porzioni estese della litosfera. La litosfera è il guscio solido che contiene tutto il nostro Pianeta. Ha uno spessore, variabile, di qualche decina di km. Contiene la crosta e la parte superiore del sottostante mantello terrestre. Le placche sono degli enormi zatteroni che spostandosi gli uni rispetto agli altri si deformano immagazzinando enormi quantità di energia meccanica di deformazione. Energia che poi si libera attraverso fratture che si propagano velocemente lungo i margini delle placche stesse. I terremoti sono appunto queste fratture. La quantità di energia, accumulatasi negli anni, se non nei secoli, nella zona epicentrale, si libera nel giro di poche decine di secondi, al massimo qualche minuto, sotto forma di onde meccaniche, le onde sismiche, in grado di devastare edifici mal costruiti e creare enormi problemi di varia natura per le popolazioni.
Un terremoto, piccolo o grande che sia, insomma altro non è che la propagazione rapida di una frattura nelle rocce litosferiche. Più grande la frattura più grande il terremoto.
All'origine del forte terremoto messicano di magnitudo 7.1 del 19 settembre scorso e di tutte le scosse successive ci sono i moti di ben cinque placche tettoniche: quella nord americana, quella sud americana, la Cocos, la Nazca e, più a distanza, la placca caraibica.
Il Messico è una vera e propria fucina di terremoti devastanti. Dodici giorni prima, il 7 settembre, un altro terremoto di magnitudo 8.2 si era verificato al largo della costa occidentale messicana. Nel 1985, si era verificato un terremoto ancora più devastante, di magnitudo 8.5, che provocò danni molto ingenti a Città del Messico.
Due placche per niente pacifiche
La lista dei terremoti messicani è molto lunga ed è ormai chiara la loro origine. Nazca e Cocos, le due placche pacifiche nel senso che coincidono con parte del fondo dell'Oceano Pacifico, spingono verso est le due placche americane che, insieme alla placca caraibica, oppongono loro una decisa resistenza. Nazca e Cocos però sono tutt'altro che pacifiche nel senso etimologico del termine, continuano a spingere con forza, addirittura con una velocità dell'ordine degli 8 cm all'anno, e trovando la strenua opposizione delle placche americane si infilano sotto di esse. Questa subduzione determina fratture frequenti cioè terremoti, sviluppa di vulcani, crea fosse oceaniche e catene montuose.
Si noti che lo spostamento di oggetti con dimensioni lineari dell'ordine di qualche migliaio di chilometri e di diverse decine di spessore alla velocità si 8 cm all'anno è una cosa enorme. Per rendersi conto immaginiamo di spostare 8 cm tutta la Germania rispetto a tutta la Francia in un anno per uno spessore dell'ordine delle decine di chilometri.
Il ricordo di San Giuliano di Puglia
I terremoti messicani che qui abbiamo ricordato sono tutti frutto dello stesso processo geodinamico e indubbiamente esiste un legame fra di loro. Tuttavia non siamo ancora in grado di descrivere in maniera quantitativa questo legame perché i processi fisici che lo determinano non sono accessibili alla nostra osservazione diretta. Inoltre è ancora troppo breve l'intervallo di tempo, pochi decenni, di dati disponibili sul verificarsi di questi fenomeni per potere fare illazioni ragionevoli sui comportamenti futuri di quest'area, che comunque sarà sempre sismicamente molto attiva nei millenni a venire.
Una considerazione necessaria. La cosa che non può non colpire un sismologo italiano, fra le tante notizie che sono giunte dal drammatico terremoto messicano, è la tragedia del crollo della scuola "Enrique Robsamen" di Capa , dove si sa che sono morti molti bambini e alcuni adulti. È Il terremoto di San Giuliano di Puglia dell'ottobre del 2002 che tristemente torna subito alla mente. Chi lo ha vissuto non può dimenticarne la profonda emozione e non può ancora una volta non far presente che almeno le scuole e gli ospedali devono essere messi in sicurezza al più presto proprio qui da noi, in Italia.