Le terre coltivate secondo l’agricoltura biologica in Europa si attestano a più di 11 milioni di ettari, e sono cresciute complessivamente del 20 per cento nel periodo 2010-2015. Nella classifica generale l’Italia è al secondo posto in Europa per ettari coltivati (1,49 milioni) e per numero di produttori, oltre 52 mila, con un trend di crescita del +39 per cento e +26 per cento, rispettivamente, nel periodo 2010-1015. Il 40 per cento della superficie coltivata è a seminativi, tra cui i cereali da cui si ottengono le eccellenze del Made in Italy, come la pasta; rilevante è la superficie dedicata ad altre due colture simbolo dell’area mediterranea: sono 170 mila gli ettari di oliveti e oltre 72 mila quelli di vigneti. Il giro d’affari del settore ha quasi toccato i 2,8 miliardi di euro secondo stime Firab.
Ma perché tutta questa corsa verso il BIO? Nel 2013, un questionario Ue sull’agricoltura biologica e sulla sua legislazione, a cui sono stati invitati a rispondere tutti gli interessati rivela che la maggior parte dei consumatori acquista prodotti biologici principalmente per motivi ambientali, perché in cerca di prodotti OGM-free, con bassi residui di pesticidi, prodotti in modo più sostenibile e più sani.
Ma il consumatore troverà davvero nei prodotti BIO quello che cerca nel momento in cui sceglie di acquistarli, spesso decidendo di spendere anche di più? Semplicemente, non è detto!
L’agricoltura biologica è un metodo di produzione agricola normato a livello europeo dal regolamento 834/2007. Rispettare il regolamento, che di per sé altro non fa che vietare/ammettere certe pratiche, non garantisce che gli impatti siano bassi. Facciamo un piccolo esempio. Se voglio raggiungere il mio peso forma e decido di eliminare il pane dalla mia dieta, non è detto che basti! Innanzitutto per sapere se ci sono riuscita o meno dovrei essere salita su una bilancia ed aver misurato il mio peso! Gli impatti vanno identificati e misurati e non possono essere previsti a priori!
Ogni attività umana può causare un impatto sull’ambiente. È bene, a questo punto, distinguere aspetti ambientali, ossia qualsiasi interazione tra una attività umana e l’ambiente, e gli impatti, ossia alterazioni qualitative o quantitative (positive o negative) che l’ambiente subisce. Un aspetto può diventare un impatto in funzione del tempo e del contesto in cui si verifica. 10 mg di una certa sostanza tossica per l’ambiente acquatico possono causare la morte di tutti i pesci di un acquario, ma non causare nessuna alterazione negativa dell’ambiente se invece raggiungono le acque di un fiume!
Se vogliamo quindi una risposta alla nostra domanda, (il consumatore troverà nel BIO quello che cerca?) dobbiamo decidere quale tipo di impatto vogliamo confrontare e avere un opportuno indicatore ambientale che ci permetta di misurarlo. Possiamo quindi confrontare impatti sul clima, sull’acqua, sul suolo, sulla salute, sulla biodiversità… e cercheremo di farlo nei prossimi post.