Era il 24 ottobre 2007. Dieci anni fa esatti. E Bill Gates era il re del mondo. Da qualche mese aveva fatto un passo indietro nella gestione di Microsoft, il colosso dei computer che aveva fondato e diretto per più di venti anni, era l’uomo più ricco del mondo e voleva dedicarsi alla filantropia. Alla guida di Microsoft a un certo punto era arrivato un classico manager americano, un tipo corpulento e con un vocione allegro, Steve Ballmer, passato alla storia per la grassa e intempestiva risata con cui liquidò il primo iPhone che Steve Jobs aveva presentato al mercato quello stesso anno, il 9 gennaio. “Chi mai volete che compri un telefono senza tastiera?”, disse in tv prima di scoppiare a ridere.
Molti analisti risero invece quando il 24 ottobre 2007 Ballmer annunciò di aver investito 240 milioni di dollari per comprare l’1,6 per cento di una startup con tre anni di vita di cui si cominciava a parlare: Facebook. A molti sembravano soldi buttati, il social network per tutti era MySpace, molti ancora si travestivano per navigare su Second Life e Facebook aveva appena 50 milioni di utenti. In più era guidata da un ragazzino nerd di 23 anni che non aveva idea di come farci sopra del business: Mark Zuckerberg.
Il grafico: 10 anni fa Microsoft investì in Facebook. Oggi Facebook vale quasi quanto Microsoft
Sono passati dieci anni, il valore di Facebook è cresciuto di 30 volte e ha quasi raggiunto Microsoft sopra quota 500 miliardi di dollari. Cosa ci insegna questa storia? Diverse cose. La prima è che l’innovazione va veloce e chi si ferma è perduto. La seconda è che investire in startup tecnologiche non è come fare beneficenza, anzi, vuol dire mettere i propri soldi su tecnologie e processi nuovi e su talenti emergenti. Negli Stati Uniti è normale, ogni anno Google e Amazon, Facebook e Apple, investono in decine di startup. Da noi, ed è la terza lezione, faccio fatica a ricordare una sola grande azienda che vada oltre la conferenza stampa in cui, con il portafoglio ben chiuso, si lodano gli startupper nostrani per il loro coraggio. Quel coraggio che dieci anni fa fece fare la cosa giusta a Steve Ballmer.