Ci sono emozioni così forti che non ci sono parole per descriverle. La nascita di un figlio. La fine di un amore. Il rogo di Notre Dame de Paris. Mentre le fiamme divoravano una delle chiese più belle e importanti della cristianità, in realtà i social media sono stati invasi di messaggi di solidarietà, in qualche caso anche di stupidità, è inevitabile. Ancora oggi tutti sembra che abbiano qualcosa da dire, sentono di dover dire qualcosa. Mentre decine di video e foto scattate con il telefonino da chi era nei paraggi per molte ore sono state trasmesse dalla tv e dal siti di tutto il mondo. Il citizen journalism in azione, il cittadino che aiuta i giornalisti a fare meglio il loro lavoro.
In questo frastuono di parole però, una folla muta lunedì sera si è raccolta attorno alla chiesa. Migliaia di persone la guardavano bruciare pregando senza riuscire a dire una parola. Ma il silenzio più assordante è stato quello del social media manager di Notre Dame. La persona, forse più di una, incaricata di tenere aggiornato il sito, e le pagine Facebook e Instagram, e il profilo Twitter della cattedrale. Fa impressione vederli oggi quegli account digital. È come se fossero congelati. Sono fermi a prima del rogo. Come se l’incendio avesse incenerito anche ogni parola possibile, come se non ci fosse nulla da dire. Su Twitter gli ultimi messaggi sono relativi alla Domenica delle Palme, e prima ci sono le foto giubilanti di un’alba sul cantiere da cui sarebbero partite le fiamme.
Su Instagram l’ultima foto è stata scattata lo stesso giorno, alla stessa ora, ma dai ponteggi, da cinquanta metri di altezza, nota, allegro, l’autore del post. Su Facebook l’ultimo messaggio è della settimana scorsa, ed è relativo ad un video che racconta la discesa delle 16 statue destinate al restauro e salve solo per questo dal rogo. Nel sito ufficiale, poi, la cattedrale campeggia bellissima e intatta, come se nulla fosse accaduto. Sembra l’incantesimo della favola della bella addormentata, quando il mondo attorno alla principessa si era fermato in attesa del suo risveglio.
Chissà cosa ha pensato lunedì sera il social media manager di Notre Dame: se la scelta di fermarsi è stata una scelta, o semplicemente non ha avuto scelta. Avrebbe potuto urlare, chiedere aiuto, lanciare una sottoscrizione. Pubblicare una pagina nera. Promettere che un giorno Notre Dame rinascerà. Dare un segno di vita. Avrebbe potuto fare mille cose. Forse avrebbe dovuto anche. Ma non me la sento di biasimarlo se invece, come nella canzone di Simon & Garfunkel, ha pensato che davanti ad una emozione così profonda, nessuno doveva disturbare il rumore del silenzio.