Ieri, mentre in Italia il ministro dell’Interno bloccava una nave carica di migranti a Trapani manco fosse un magistrato; e mentre il presidente degli Stati Uniti trattava i suoi alleati come un ispettore del fisco; e mentre gli appassionati di calcio di tutto il mondo discutevano su chi tifare Francia o Croazia nella finale di domenica; per oltre centotrentamilioni di persone, soprattutto adolescenti ma non solo, quasi tutti abitanti della parte del mondo ricco e sviluppato, era il giorno più atteso dell’anno. Il giorno della nuova stagione di Fortnite. La stagione 5.
Worlds collide in Season 5! A viking ship, desert outpost, and ancient statues have appeared all over the island, changing the world of Fortnite. Hop in an ATK with your squad and uncover all new mysteries and locations.
— Fortnite (@FortniteGame) 12 luglio 2018
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Di Fortnite abbiamo già parlato. È uscito da un anno (era il 25 luglio 2017) ed è già il videogioco più popolare della Terra, secondo la definizione del magazine The New York. È l’Instagram del mondo dei giochi, cioé è quello a cui giocano i giovanissimi quando non si fanno i selfie. (ma anche ai mondiali di calcio in Russia se avete visto i giocatori fare degli strani balli dopo un gol, ecco, stavano mimando le danze di Fortnite). Ieri era il giorno della “stagione 5”, come una serie tv: vuol dire che veniva aggiornata la mappa dell’isola dove si svolge la battaglia reale, e quindi c’erano nuovi posti da scoprire, nuove armi da trovare, nuove armature (le ambitissime skin) e nuovi personaggi. Ad ogni nuova serie, i precedenti benefit si azzerano e devi ricomprare il pass battaglia ad un prezzo che va dai 9 euro in su: in questo modo solo a maggio Fortnite ha incassato oltre 300 milioni di euro. Ieri deve essere andata anche meglio perché per un paio d’ore i server della Epic Games, che lo ha inventato e lo produce, sono andati ko per le troppe richieste di download. E persino un magazine patinato e attempato come Forbes ragiona sull’opportunità di spendere o meno dei soldi per il pass battaglia come se parlasse di hedge fund.
High action deserves some high fashion
— Fortnite (@FortniteGame) 13 luglio 2018
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È come una serie tv, dicevo, ma quello che succede lo decidi tu, anzi lo decidono contemporaneamente cento giocatori per volta collegati online ciascuno dal computer della sua cameretta, o dal telefonino, o dalla consolle: Fornite si gioca su qualunque piattaforma. Non è il primo videogioco a diventare un successo planetario, ma è uno dei pochi ad aver avuto la capacità di creare un mondo parallelo, con un linguaggio tutto suo: i ragazzini se lo raccontano usando termini derivati dall’inglese come shoppare, rispaunnare, killare. Ho chiesto a mio figlio perché preferiscano dire killare a uccidere. E lui mi ha detto che uccidere è una cosa brutta, killare è un gioco. È un mondo a parte, Fortnite, ma di tutto questo nel nostro mondo, quello degli adulti, non c’è traccia. E questo non è un bel segnale da parte nostra.
Al momento di fare i compiti delle vacanze ieri ho detto a mio figlio che la maestra voleva che si inventasse una storia con i personaggi di Cenerentola. L’ho visto affranto. Allora gli ho detto che secondo me valeva anche se la storia la inventava nel mondo di Fortnite: si è illuminato e ha iniziato a scrivere felice. Tocca a noi adulti lo sforzo di provare a capirli. Non escludo che possa anche essere divertente.