E quindi il lavoro forse non è finito. I robot non prenderanno il nostro posto. E nemmeno una app. Nemmeno un software. Insomma forse non è vero che la rivoluzione digitale distrugga più posti di lavoro di quanti ne riesca a creare di nuovi. Basta guardare ai dati che ha appena fornito l’Istat: mai così tanti occupati nella nostra storia. Lo ripeto: mai-così-tanti-occupati-nella-storia-dItalia. Mai. E lasciate stare per un istante le polemiche elettorali su di chi sia il merito. Non è questo il punto. Il punto è capire se per la prima volta nella storia dell’umanità una rivoluzione industriale - siamo arrivati alla terza - abbia un saldo di posti di lavoro negativo. Non era accaduto quando le macchine a vapore stravolsero l’agricoltura tradizionale e la nascente industria tessile. Non era accaduto quando le catene di montaggio e i treni reinventarono il concetto di fabbrica e di operaio. Sembrava invece che potesse accadere con Internet e il digitale: la creazione di disoccupati cronici, l’era dei robot. Il dubbio è venuto a molti negli anni scorsi guardando i dati pessimi sull’occupazione che sembravano confermare l’antica profezia di Jeremy Rifkin sulla fine del lavoro e sul futuro che non ha bisogno di noi. E invece proprio dai dati adesso viene un segnale contrario fortissimo. Non mi riferisco all’Italia, che anzi è arrivata per ultima a registrare questo cambiamento che nell’Unione Europea per esempio era già visibile a settembre quando Eurostat ha certificato il record: mai così tanti occupati in Europa. E lo stesso sta capitando in America, dove il record riguarda anche le minoranze, in particolare i neri. Il dato interessante è che la ripresa dell’occupazione è più forte in quei paesi, come Germania e Giappone, dove più forte è stato l’investimento in robot. A dimostrazione del fatto che l’innovazione consente di recuperare produttività ed efficienza. Certo c’è il tema della qualità del lavoro, del salario minimo, delle garanzie contrattuali. E soprattutto della gestione della transizione, investendo sulle competenze di chi il lavoro lo ha perso e per ritrovarlo deve a volte imparare un mestiere nuovo. Ma intanto è importante registrare questa verità: l’innovazione tecnologica era e resta la strada per un mondo migliore. A giudicare dalle proposte elettorale dei partiti, non mi sembra che tutti se ne rendano conto.