Da ieri il numero dei poveri nel mondo è diminuito, anzi è crollato: 130 mila in meno. Non è un miracolo di Natale. Perché la stessa cosa è accaduta in ogni giorno del 2016. Solo che non ce ne siamo accorti e perciò non lo sappiamo. E’ un po’ che la povertà nel mondo sta calando. Se prendete il 1990, un abitante della Terra su tre era povero; oggi sono uno ogni dieci. Il calcolo lo ha fatto un giovane economista di Oxford, Max Rosen, che ha preso tutte le statistiche del pianeta degli ultimi 200 anni per rispondere alla domanda: come stiamo veramente? Stiamo così male come ci diciamo ogni giorno in Italia, ma anche negli Stati Uniti e in Germania dove appena rispettivamente il 6 e il 4 per cento della popolazione pensano che il mondo stia un po’ meglio di prima? La risposta è no. (Max Rosen lo dimostra con questo lungo post che è sintetizzato da 5 formidabili mappe).
Prendiamo la capacità di leggere e scrivere: oggi sanno farlo sei virgola due miliardi di persone, l’85 per cento degli abitanti della Terra; nel 1980 erano poco più della metà. Ma il dato più clamoroso riguarda la salute, e in particolare la mortalità infantile: il 96 per cento dei neonati supera i 5 anni di vita; duecento anni fa solo dieci su cento ce la facevano. Uno su cento contro quasi il 100 per cento.
Stiamo molto meglio e non lo sappiamo e un po’ è anche colpa di come funziona la fabbrica delle notizie: fanno notizia le brutte notizie, gli attentati, gli incidenti, le crisi. E non fanno notizia i cambiamenti profondi della società, il benessere diffuso che ha una spiegazione molto semplice: la grande forza della innovazione nel cambiare il mondo per renderlo migliore. Sintetizzata da una frase molto potente del presidente uscente degli Stati Uniti Barack Obama ripubblicata questo mese dall’edizione italiana di Wired: Non c’è mai stato un tempo migliore per vivere.
Certo le statistiche hanno dei limiti: se confronto due foto a distanza di cento anni, balzano agli occhi differenze clamorose ma non percepisco dettagli importanti come il malessere quotidiano del nostro tempo, e per esempio il fatto che un paese, l’Italia, da nove anni sconta una crisi economica che sembra infinita. Eppure stiamo meglio dei nostri genitori e dei nostri nonni. E non saperlo è un problema: perché se un popolo smette di sperare in un futuro migliore, smette anche di provare a costruirlo ogni giorno.
Per saperne di più leggete anche “Progress: Ten Reasons to Look Forward to the Future” di Johan Norberg
La versione podcast di questo post è sul sito web rds.it