La politica estera dell'Italia è davvero cambiata? Mentre a Roma molti politici e osservatori sono in fibrillazione per l’annunciata presenza del principe dei sovranisti Steve Bannon alla festa di Atreju, ospite di Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini sigla un patto con il premier nazionalista ungherese Viktor Orban, a palazzo Chigi c’è qualcuno che senza troppi clamori forse coltiva una diplomazia più tradizionale, se non nei contenuti perlomeno nelle liturgie: è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il premier, infatti, mentre alcuni suoi ministri cannoneggiano Bruxelles, corteggiano Mosca e dileggiano Nato e Onu, cerca di mantenere la politica estera italiana nel solco della tradizione. Questo non vuol dire che non si discosta dal passato: anche Conte avanza richieste decise alla Ue, sollecita maggiore attenzione agli interessi italiani ma cerca di non esacerbare lo scontro e di costruire una rete di rapporti politici con tutte le cancellerie, consapevole che la linea dell’attacco a testa bassa non sempre premia e spesso isola.
E dunque pochi giorni dopo l’attacco di Matteo Salvini alla Nato, Giuseppe Conte riceve il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg. Se il leader del Carroccio intreccia forti rapporti con l’omologo tedesco Horst Seehofer su una comune linea dura verso i migranti irregolari, il premier incontra Angela Merkel. Ad agosto va poi in onda un doppio incontro: Salvini vede a Milano il campione del sovranismo Viktor Orban, a Roma Conte riceve il premier ceco Andrej Babis, anch’esso esponente dell’euroscettico Gruppo di Visegrad.
Ai primi di settembre, poi, il presidente del Consiglio riceve per la seconda volta a palazzo il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e martedì 18 settembre incontra il premier austriaco Sebastian Kurz per cercare una soluzione al pasticcio della concessione del passaporto austriaco agli altoatesini. Una scelta nazionalista da parte di un governo che su altri fronti è alleato dell’Italia, in particolare nel chiedere la linea dura di Bruxelles verso i migranti.
E oltre ai vertici ufficiali, dal G7 ai Consigli Ue, dal vertice Nato all’Assemblea generale dell’Onu, Conte inanella una serie di incontri bilaterali con Emmanuel Macron, con Donald Trump (che lo definisce “un amico”) , vede due volte il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, e mette in programma per ottobre la visita a Mosca a Vladimir Putin.
Spesso in realtà la linea di politica estera del governo, al di là dei toni, è uniforme. Spesso, con i toni pacati che gli sono propri, Conte chiede a Bruxelles e agli alleati storici dell’Italia la stessa attenzione e lo stesso rispetto chiesto dai suoi due vicepremier. Ma a volte, in politica estera, la forma è sostanza e il tentativo del premier è anche quello di rafforzare il suo ruolo, dosare bastone e carota e smussare gli spigoli per costruire alleanze utili nei consessi internazionali.