Quando si andrà a votare davvero? I giornali lanciano da mesi diverse date, che, all’incirca, oscillano in una forbice tra il 4 marzo e il 13 maggio, senza trovare ne’ un accordo sulla domenica precisa, ne’ una conferma dal Quirinale. Questa incertezza mette in fibrillazione i partiti, divisi tra chi vuole votare subito, come Lega, Fdi e Pd di rito renziano e chi invece preferirebbe usare ogni giorno utile della legislatura come Ap e la minoranza del Pd. L’ultimo incidente diplomatico si è verificato oggi: leggendo un retroscena del Corriere della sera che indicava in maggio la possibile data del voto già decisa da Sergio Mattarella, Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono irritati. Ma il Quirinale ha subito smentito non tanto la data, quanto l’idea che lui abbia già scelto, magari d’intesa con Andrea Orlando e Dario Franceschini.
La data, infatti, al Colle, non è stata ancora fissata, ovviamente. Dipenderà tutto da cosa decideranno il Pd e Paolo Gentiloni una volta approvata la manovra economica. Fino a poche settimane fa, Matteo Renzi aveva detto chiaro e tondo che una volta varata la legge di stabilità si doveva andare a votare; in quel caso le Camere si sarebbero potute sciogliere ai primi di gennaio per votare o il 4 o l’11 marzo. Ora alcuni nel Pd frenano: dopo la sconfitta in Sicilia ritengono sia utile avere più tempo per mettere in campo una alleanza con gli altri partiti di centrosinistra e puntano a far approvare alcune leggi, tra cui vitalizi e ius soli, per andare poi al voto a maggio.
Mattarella aspetta: una volta approvato il Rosatellum e la manovra, per il capo dello Stato nulla impedisce che si sciolgano le Camere e si voti ma se maggioranza e governo intendessero varare ancora qualche legge nulla potrebbe impedirlo. In quel caso il tempo limite oltre il quale non si può andare è il 14 marzo per lo scioglimento, cinque anni esatti dopo la prima seduta delle Camere nel 2013, e dunque il voto non potrebbe esserci dopo il 6 o 13 maggio. Il presidente della Repubblica, va ricordato, non decide da solo: la Costituzione scrive che può sciogliere il Parlamento dopo aver sentito i presidenti delle Camere e cioè dopo aver verificato che la maggioranza non ci sia più o che non possa più lavorare. Approvata la manovra dunque, poco prima di Natale, Gentiloni farà capire qual è il suo orientamento politico e Laura Boldrini e Pietro Grasso diranno se il Parlamento può continuare: solo a quel punto si saprà di certo quando andremo a votare.