Pensi che basterebbe fare un passo, un solo passo, per entrare in questa dimensione di silenzio e di luce. Ma quello che l’occhio vede non è ciò che la mente percepisce. I segnali sono discordanti e la rilevazione di una anomalia crea una vertigine che immobilizza.
Accade questo di fronte a “Perceptions”, la grande installazione di Peter Demetz esposta alla Triennale di Milano.
L’opera presenta, a grandezza naturale, tre figure - due in primo piano, una in lontananza - inserite in uno spazio illuminato che si immagina profondo, ma che in realtà non lo è.
L’illusione è data da un abile utilizzo della ‘prospettiva solida accelerata’. Il pavimento è ascendente e le figure in legno, percepite a tutto tondo, sono in realtà sagome scolpite a rilievo, anch’esso ‘accelerato’ come nella tradizione dello stiacciato rinascimentale.
Ma anche quando si comprende il gioco dell’autore non s’infrange la magia che nasce tra opera e spettatore. E a generarla sono i contrasti che l’artista crea.
Partiamo dalle figure in primo piano. Sono rappresentate di spalle, non si guardano e soprattutto non guardano lo spettatore, eppure lo convocano con morbida perentorietà. Una di esse rivolge lo sguardo alla terza figura in lontananza che, a sua volta, guarda il libro aperto che ha tra le mani, assorta, apparentemente isolata. Ma pur nel rimbalzo di sguardi individuali si crea una triangolazione di forze fortissima, un legame che assorbe inevitabilmente chiunque entra, anche solo un istante, nella rete di sguardi.
Altro contrasto emerge tra il dettaglio iperrealistico delle figure – il corpo e l’abbigliamento minutamente descritti – e la loro monocromia (il legno di tiglio è usato al naturale).
E ancora in contrasto le pose delle figure – naturali, da istantanea – e l’atmosfera metafisica della rigorosa partitura spaziale, le eleganti note basse dei colori, la modulazione trascendente della luce.
Un ultimo contrasto si riscontra poi nell’arte stessa di Demetz, un contrasto che diventa cifra stilistica raffinatissima. Demetz è uno scultore che sembra creare le sue figure con i gesti dolci della pittura.
E tutto questo si ritrova anche nelle opere di minori dimensioni, piccoli palcoscenici dove l’artista mette in scena altre storie raccontate allo spettatore di spalle e senza sguardi. È il corpo che parla, sono un paio di scarpe da ginnastica e una borsa della spesa, un maglione legato alla vita e una cartella a tracolla, un berretto da baseball e uno zaino. Tutto questo narra a voce bassa, con poesia e grande intensità, delle piccole delusioni, delle timide attese, delle speranze segrete, delle divertite curiosità che noi, lì davanti, in ascolto, riconosciamo come parte profonda del nostro vivere quotidiano.
Perceptions di Peter Demetz
Triennale di Milano 8 – 25 marzo 2018