I puristi hanno ragione. La vulgata che vuole il semplice proporzionale, con lo sbarramento al 5 percento, stare al sistema tedesco più o meno come la ciofeca sta al caffè è assolutamente vera... Due voti ci vogliono, in Germania, per eleggere una sola Camera. Uno nel rispetto del proporzionale, ma l'altro indiscutibilmente maggioritario. Su questo non ci piove; "Darueber regnet es nicht", come direbbero loro stessi, se traducessero dal romanesco.
Quello che ancora non è stato detto, invece, è che l'Italia una legge del genere l'ha avuta. Anche qui, però, attenti ai facili parallelismi, perché differenze con l'immarcescibile modello teutonico sussistevano, eccome. Ma trattandosi di una legge della Prima Repubblica tutto alla fine va a buca, alla fine ci si capisce ed i parallelismi sono consentiti. Come si sa, la Prima Repubblica era terra immaginifica di convergenze parallele. Il fatto, semmai, è che di maggioritario all'epoca non si poteva parlare, perché sapeva troppo di Italia giolittiana se non vagamente di fascismo. E allora lo si edulcorava, lo si anestetizzava e lo si privava della sua maschia potenza temperandolo con il principio rassicurante e femmineo del proporzionale, termine talmente materno dall'essere spesso declinato, nel linguaggio comune, direttamente al femminile. Apollineo contro dionisiaco, come diceva un tedesco che se ne intendeva.
Soprattutto, il maggioritario lo si indirizzava verso la Camera Alta, quel Senato che, in un gioco di specchi tipico di quell'epoca, aveva per sé il nome più altisonante ma cedeva, nei fatti, la primazia dell'agire polticamente alla apparentemente meno nobile Camera dei Deputati. Che a sua volta veniva eletta sì con il proporzionale purissimo, ma ospitava tradizionalmente le lotte più maschie dell'agone. Uno splendore di equilibri e armonie tale che, a guardarsi indietro, si rimane spesso confusi e disorientati. Eppure funzionava.
Questa quindi la regola aurea del maggioritario con il proporzinale intorno, come ce lo lasciarono i padri fondatori e resistette sino alla vigilia del Mattarellum. Ogni Regione era suddivisa in tanti collegi uninominali, e per ogni collegio veniva eletto direttamente il candidato che avesse raggiunto il quorum del 65% delle preferenze. Solo che nemmeno De Gasperi in Trentino ci sarebbe mai riuscito. E allora i voti di tutti i candidati venivano raggruppati in liste di partito a livello regionale, dove i seggi venivano assegnati sulla base delle migliori percentuali di preferenza. Chiaro, no? Più o meno come il sistema tedesco di Germania, in cui dei 598 membri del Bundestag per meno di metà sono eletti direttamente dai 299 collegi uninominali, e gli altri entrano grazie alla percentuale di voti dei singoli partiti.
Ma non è finita, perché il numero dei seggi di una forza politica non corrisponde mai con esattezza alla percentuale determinata dalla quota proporzionale, in virtù del fatto che il numero di mandati diretti per ogni Land è a sua volta dato dall'ampiezza della rispettiva popolazione. Ecco allora che spuntano i cosiddetti "eletti in eccesso", per cui alla fine il numero complessivo dei deputati è solo indicativamente di 598. Di solito son di più.
Noi, semmai, ne abbiamo di meno, come ben sa Berlusconi che per anni pretese di avere per sè, inascoltato, i seggi parlamentari non assegnati alle liste civetta del 2001. Se lo avesse saputo, Berlusconi, magari al proporzionale con lo sbarramento ci sarebbe tornato 16 anni fa. Non è mai troppo tardi. E' solo una questione di eterno ritorno dell'essere. Lo diceva quel tedesco dell'apollineo e del dionisiaco