Dalla posata al consumatore. Oltre al cibo, cosa ingeriamo?
Imballaggi, contenitori, utensili per la casa: chi ci dice se questi materiali sono composti da plastica e soprattutto se questi, venendo a contatto con il nostro organismo, sono nocivi per la salute?

Le sostanze utilizzate per produrre materiali in plastica destinati ad uso alimentare sono circa 900. Imballaggi, contenitori, utensili per la casa: chi ci dice se questi materiali sono composti da plastica e soprattutto se questi, venendo a contatto con il nostro organismo, sono nocivi per la salute? Prendiamo il caso di materiali che possiamo assimilare per ingestione, perché gli oggetti che vengono a contatto con gli alimenti sono molti e, potenzialmente, tutti i materiali possono cedere ai prodotti alimentari sostanze nocive. In alcuni casi, ne possono alterare la qualità e il gusto, oltre che la sicurezza. Per questo, solo alcuni tipi di materiali sono ammessi per il contatto con gli alimenti, dopo avere superato dei severi test che ne assicurino la sicurezza, ossia che non vi sia nessun rischio per i consumatori.
I MOCA, questi sconosciuti
Le sostanze rilasciate da materiali di questo genere, detti MOCA (Materiali (Oggetti) a Contatto con gli Alimenti) e il loro utilizzo sono normati nel nostro Paese (primo tra tutti i paesi europei a farlo) già dal 1962, quando venne resa obbligatoria la verifica di conformità dei MOCA ai fini della sicurezza alimentare. Successivamente, sia a livello nazionale che comunitario, sono stati sviluppati regolamenti e direttive (oltre 350 atti legislativi e decreti) che riportano indicazioni generali e specifiche per molte tipologie di materiale.
I MOCA, a seconda della natura del materiale, prodotto alimentare, tempo e temperatura, possono rilasciare sostanze indesiderate, quali additivi aggiunti intenzionalmente (plastificanti, antiossidanti, coloranti), residui della polimerizzazione (solventi, adesivi) che rimangono nel materiale finito, sostanze di decomposizione del materiale o dalla reazione dei suoi costituenti.
Quali dobbiamo temere di più?
Sicuramente al top della classifica ci sono gli ftalati - i plastificanti usati nella produzione del PVC - il bisfenolo A (BPA) - la base per ottenere materie plastiche, anch’esso un interferente endocrino; la melammina - che, insieme alla formaldeide, viene utilizzata per preparare resine (melamminiche) termoindurenti utilizzate per le stoviglie e provoca danni renali e calcoli nelle vie urinarie, la formaldeide - cancerogena e genotossica.
Il Regolamento quadro CE 1935/2004 (norma quadro) stabilisce che tutti i materiali ed oggetti devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione e, in condizioni d’impiego normale o prevedibile, non devono trasferire agli alimenti componenti estranei tali da costituire un pericolo per la salute umana, comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari o un deterioramento delle caratteristiche organolettiche. Lo spirito della normativa del settore si basa sulle cosiddette “liste positive” delle sostanze che possono essere utilizzate nella produzione dei materiali con le eventuali limitazioni e restrizioni, nonché sulle modalità per il controllo dell’idoneità al contatto.
Il rischio "cocktail"
E’ il numero a spaventarci in primo luogo, perchè sono centinaia le potenziali sostanze che possono contaminare gli alimenti, difficile quindi poterle controllare e monitorare tutte. Gli stessi prodotti che noi acquistiamo come “bio” per evitare i pesticidi, potrebbero contenere un numero anche maggiore di sostanze che possono derivare dai MOCA: i livelli di contaminazione possono essere infatti dell’ordine del mg/kg, rispetto ai pesticidi che hanno livelli del μg/kg (1000 volte inferiori).
Se aggiungiamo che non si conoscono tutti i possibili residui negli alimenti e non ci può quindi essere una completa valutazione del rischio (la stessa European Food Safety Authority - EFSA riconosce che bisogna affinare le analisi di rischio) e che spesso ci può essere il cosiddetto “Effetto cocktail” delle miscele, abbiamo motivi seri per stare all’erta.
Etichettatura e consigli per un corretto utilizzo
L’etichettatura dei MOCA è ben riconoscibile; sono accompagnati dalla dicitura "per contatto con i prodotti alimentari" o un'indicazione specifica circa il loro impiego o il simbolo Bicchiere e forchetta e, se necessario, anche da speciali istruzioni da osservare per garantire un impiego sicuro e adeguato.
Cosa fare per essere più sicuri di non venire a contatto con sostanze pericolose? Prima di tutto leggere attentamente le indicazioni sul corretto utilizzo dei MOCA riportate in etichetta; non utilizzare utensili in melammina nei forni a microonde o per la cottura, poiché ad alte temperature questi materiali possono rilasciare formaldeide e melammina; non utilizzare le pellicole trasparenti in contatto con cibi grassi (burro, dolci ecc.) per evitare il trasferimento di sostanze nocive (ftalati, additivi chimici organici prodotti dal petrolio) nell’alimento.
La plastica e le sue pericolose“sorelle”: come riconoscerle?
Occorre verificare sempre di quale materiale plastico è costituito l’oggetto che andiamo ad utilizzare per uso alimentare: ad ogni materiale corrisponde un codice numerico, cioè il codice per il riciclo. Tra i prodotti sottoelencati, sono da evitare i materiali contrassegnati dai codici 3,6 e 7, considerati i più pericolosi e, più in generale, le plastiche non contrassegnate, che il più delle volte corrispondono al codice 7.
- 1 - Polietilene tereftalato o PET: sono fatte in PET le bottiglie in plastica per acqua e bibite: le bottiglie sono concepite per essere monouso e per essere utilizzate con sostanze fredde. Il processo di degradazione del PET infatti è favorito dal calore: il calore può portare alla formazione di acetaldeide e antimonio. Le bottiglie di acqua minerale quindi sono contenitori monouso e non dovrebbero essere riutilizzate.
- 2 - polietilene ad alta densità o HDPE o PE: è la plastica più sicura in ragione della sua non reattività con le sostanze, è utilizzata per i tappi delle bottiglie ed alcuni contenitori opachi per prodotti per la casa (per esempio bottiglie per acido stura lavandini) o talvolta latte. I contenitori ed utensili in questo materiale sono sempre preferibili, quindi bisogna cercare le plastiche numero 2, soprattutto se dobbiamo usarle con sostanze calde, come mestoli.
- 3 - polivinile o PVC: è una delle plastiche più pericolose con cui possiamo venire in contatto. Rilascia sostanze tossiche per tutto il suo ciclo di vita, dalla diossina se bruciato, al mercurio agli ftalati. Sono fatte in PVC le pellicole per avvolgere il cibo. Il maggior rischio per la salute proveniente dalle pellicole lo genera il fatto che il PVC contiene gli ftalati che ne favoriscono l'elasticità e resistenza ma allo stesso tempo sono estremamente nocivi, perché sono perturbatori ormonali e causa di infertilità. Gli ftalati non sono stabili nel PVC e possono facilmente migrare in cibi contenenti grassi; è necessario quindi evitarne il contatto con i sughi, con il burro, lo strutto ma anche salsicce o macinato di carne, pollame con pelle, in generale tutti i cibi grassi. Per questo scopo è indispensabile utilizzare pellicole con le scritte “PVC free, senza PVC o non contiene ftalati”.
- 4 - polietilene a bassa densità o LDPE: caratterizza la composizione di sacchetti da freezer, sac a poche da pasticceria, guanti monouso (per intenderci quelli usati per prendere verdure o il pane nei supermercati) e bottiglie spremibili.
- 5 - polipropilene o PP: plastica da considerarsi sicura. Sono in PP le vaschette con coperchio per alimenti (per es. Tupperware), le vaschette di gelato dei supermercati, le bottiglie di ketchup. Per gli ultimi due oggetti l'uso è inequivocabile e si consiglia il non riutilizzo. Per quello che riguarda le vaschette con coperchio per alimenti maggiori sono le indicazioni impresse sui contenitori, maggiore è la qualità del prodotto.
- 6 - polistirene o polistirolo: è largamente usato per le sue doti di isolamento termico in forma di casse per il trasporto di alimenti tazze da asporto, vassoi per carni e pesci, vaschette per il gelato ma anche posate da asporto stoviglie ed altro. La sua sicurezza è un argomento controverso. Il materiale contiene lo stirene che ha una struttura simile agli estrogeni ed è potenzialmente in grado di generare interferenze ormonali ma i dati sono ancora controversi, non è certa la migrabilità della sostanza nel "normale" utilizzo.
- 7 - altri (policarbonato, resine epossidiche, melammina): Con il codice 7 sono identificate tutte le altre materie plastiche tra cui contenitori in policarbonato, resine epossidiche, e resine melminiche, che rilasciano bisfenolo A, formaldeide e melmina. Gli oggetti in questione sono bicchieri e stoviglie e contenitori ( insalatiere, spremiagrumi) del tipo rigido antiurto e colorato, trasparenti nel caso del policarbonato. In resina melaminica sono i piatti infrangibili e decoratissimi per i più piccoli. In resina epossidica sono i rivestimenti interni delle scatolette, lattine, barattoli per non fare venire a contatto il metallo con gli acidi del contenuto. Questi contenitori sono legalmente in commercio (in Italia) ma contengono sostanze provatamente nocive come il bisfenolo A , la formaldeide e la melamina stessa. La Francia ne ha proibito l'utilizzo, l'importazione e l'esportazione in toto, come da molto tempo il Canada. La formaldeide è uno degli agenti cancerogeni più pericolosi è presente nelle resine delle lattine ed è anche diffuso nelle polveri delle case in quanto presente sugli strati dei mobili in trucilare, vernici, smalti. Inalato provoca asma. La melmina agisce negativamente sui reni.
Altre regole da seguire, oltre alle due già descritte di conoscere i loro codici identificativi (riciclaggio), per l’utilizzo delle materie plastiche: evitare vecchi utensili o contenitori (es. biberon di seconda mano); evitare di usare la plastica nei forni (il calore in ogni caso contribuisce alla cessione di sostanze); utilizzare per lo scopo previsto, ricordando che la maggior parte dei contenitori con codice 1 sono monouso; lavare a mano con spugne non abrasive; non congelare se non espressamente indicato.
L’impatto ambientale
L’ISPRA studia gli effetti ambientali di tali sostanze, primo fra tutti il problema della plastica in quanto rifiuto che, come sappiamo, se non correttamente raccolta e differenziata, provoca seri impatti ambientali, soprattutto nel’ambiente marino, dove milioni di tonnellate di rifiuti vengono sversate negli oceani. Questi materiali non si degradano: i costituenti, infatti, sono spesso contaminanti organici persistenti (POP) che vengono trasportati anche a grande distanza dalle zone di rilascio come gli oceani e le aree polari. Queste sostanze rientrano nella catena alimentare e si accumulano nei tessuti degli organismi viventi, uomo compreso. In seguito all’accumulo, i POP possono determinare effetti negativi non prevedibili nei test di laboratorio, in quanto si possono manifestare anche in tempi molto lunghi.
Le campagne di monitoraggio dimostrano sempre più chiaramente come nei mari ci siano delle grandissime aree dove si sono accumulate materie plastiche per effetto delle correnti. Una recente indagine del CNR ha evidenziato come il Mediterraneo sia uno dei mari in cui l’accumulo di detriti e microplastiche è più elevato.
La contaminazione da sostanze persistenti è uno dei grandi problemi a scala globale, che possono essere affrontati solo con una presa di coscienza e uno sforzo congiunto. A questo scopo è importante sottolineare quanto altri paesi stanno facendo. In Francia, come già detto, è stato bandito totalmente il BPA ed entro il 2020 non saranno più consentite le stoviglie monouso. (Cristina Pacciani)