Stregati da Desiati (il look, più del libro). Il resto è noia

Stregati da Desiati (il look, più del libro). Il resto è noia

Einaudi vince lo Strega numero 76 con uno dei due candidati in lizza. Alla Raimo i premi minori
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© AGF - Mario Desiati

AGI - Pigliate un signore di mezz’età, vestito come un dandy coi saldi di fine siècle (l’ultimo o l’altro, fatevoi). Camiciola girocollo di bianca seta coi volant, completo a quadri stile “optical art”, fazzoletto arcobaleno al taschino. Collarino da gattino in calore al collo con tanto d’anellino, trucco sotto al parrucco e, vezzosissimo, un ventaglio rosa, a fiorelloni. Ché la serata è stata afosa e pure piovosa: un bell’acquazzone ha rischiato di mandare tutti al guazzo e tutto a scatafascio. Ecco, un tipo così, Mario Desiati, ha vinto lo Strega numero Settantasei. Come da previsioni, nientediché. Con gli altri a far da contorno a una pietanza briosa & gustosa come un merluzzetto e verdurine lesse in frigo. Senza manco un filo d’olio.

Nell’ordine, dopo Spatriati giunto a quota 166 voti per l’Einaudi: Claudio Piersanti e Alessandra Carati, sul podio con, rispettivamente, Quel maledetto Vronskij (Rizzoli, 90), E poi saremo salvi (Mondadori, 83). E ancora: Veronica Raimo, Niente di vero (altro Einaudi, 62), già vincitrice delle sezioni giovani e off del premio; Marco Amerighi, Randagi (Bollati Boringhieri, un voto sotto); Fabio Bacà, Nova (Adelphi, 51); Veronica Galletta, Nina sull’argine (Minimum fax, 24). Ecco la scaletta d’arrivo della settina in cinquina. Sette come i nani, grazie agli arzigogoli e ai ripescaggi d’un premio un dì glorioso e sempre più squinternato, con buona pace del duo Bellonci & Rimoaldi buonanime. Raffazzonato come la diretta di Raitre sotto ai piovaschi. Con l’Einaudi a far manbassa di premi e premiucci, pur mettendo ancora in lizza due candidati, l’un contro l’altro amati, a riprova d’uno smottamento interno e di senso sempre più irrefrenabile.

Dopo il pur valente Emanuele Trevi, vincitore della scorsa edizione con Due vite e presentatore dell’edizione appena conclusa, come da copione, sembrava che si fosse giunti al capolinea d’una certa narrativa ombelicale, oltre non si poteva andare. E invece s’è cominciato a scavare, giù a rompicollo. Il terreno è sempre quello, molliccio e vermiglioso: la famigliola borghese rotta & sfatta; amori persi & diversi. Vizi privati esposti come pubbliche virtù, tutto un triturame spacciato come novella letteratura. C’è un’aria muffa, stantìa, sugli scaffali: libri nuovi di zecca polverosi come nel bugigattolo d’un rigattiere. Di nuovo c’è l’accanimento sul cadavere, manco più una voce stecca nel coro, circola dissonante tra i salotti letterari qualisiano. Tutto politicamente e culturalmente corretto, stracotto, scontato. Come in politica. Nani si levano controsole, a far ombra. Non è tutta responsabilità del sacco autoriale, certo, i tempi sono questi, d’onesti mestieranti più proni al marketing di tendenza che alla sostanza letteraria, ma insomma.

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© AGF
Mario Desiati

Di Desiati che dire? Per lui parla il curriculum. Una fuga dalla Puglia profonda & feconda, nascita a Locorotondo (1977) e infanzia a Martina Franca, esordi da poeta, frequentatore dei salotti capitolini giusti dove regnano impegno e alternativa – caporedattore a Nuovi Argomenti, editor Mondadori, direttore editoriale Fandango, per dire – a scorrere la lista dei titoli editi e degli editori c’è da rifarsi la vista e il trucco, come dopo una serata di pioggia. Così, ci si può far stregare dal suo look, persino e piacendo, più che dal resto e dalla storia d’adolescenti inquieti, del sesso come via di scampo e d’inciampo. Del libro ne riparleremo a suo tempo, per ora ci porti il vento.