Il doppio fascino della fusione subnucleare e il fantasma superbomba

La scoperta di una fonte di energia (non utilizzabile) quasi dieci volte superiore a quella "classica"

Il doppio fascino della fusione subnucleare e il fantasma superbomba
Science Photo Library RF 
Atomo (Agf) 

Alla fine dello scorso anno, una notizia pubblicata su 'Nature' e rimbalzata dalle agenzie sembra aver attraversato rapidamente la cronaca senza quasi lasciare traccia: la scoperta di una nuova fonte di energia nucleare ben più elevata rispetto a quella conosciuta: è la fusione subnucleare. Forse il motivo è comprensibile: si tratta di un’energia di fatto non utilizzabile. Dal punto di vista scientifico, è un risultato invece di grandissima valenza. Un dettaglio però che non è subito balzato all’occhio merita forse di essere analizzato più da vicino.

Il modello a quark

Cominciamo dall’inizio. Nelle pagine di questo blog, abbiamo più volte descritto la struttura di un atomo: un nucleo formato da particelle ‒ chiamate protoni (carichi positivamente) e neutroni (privi di carica) ‒ e un numero di elettroni (di carica negativa) ruotanti attorno ad esso, circa duemila volte più leggeri dei protoni o dei neutroni, in numero tale da bilanciare la carica positiva dei protoni. In tal modo, si garantisce che la materia sia neutra. Tutta la massa dell’atomo è quindi concentrata nel suo nucleo. Protoni e neutroni dovrebbero essere gli ultimi costituenti non divisibili della materia... e invece no (troppo facile!), perché anch’essi presentano una struttura interna, formata da particelle ancora più piccole chiamate “quark”, legate tra loro da quella forza che riesce a tenere unito il nucleo (forza nucleare forte).

E i quark costituiscono una vera famiglia, perché si presentano in sei diverse varietà (chiamate “sapori”), di masse anche molto diverse tra loro: il quark “up” (u), il quark “down” (d), il “charm” (c), lo “strange” (s), il “top” (t) e il “bottom” (b).

Protoni e neutroni ‒ che costituiscono la materia ordinaria ‒ sono formati da una combinazione di tre quark ciascuno e tutti di varietà u e d. Il protone è composto da: u + u + d; il neutrone invece da: d + d + u. Tutti gli altri quark possono essere prodotti nelle macchine acceleratrici e decadono in tempi brevissimi disintegrandosi in altre particelle. Probabilmente abitavano l’universo nei primissimi istanti dalla sua nascita.

Energia dal nucleo

Tralasciamo per un attimo i quark e vediamo come si può generare energia dal nucleo di un atomo. Dobbiamo prima distinguere tra nuclei leggeri e nuclei pesanti. Il più leggero di tutti gli elementi è l’idrogeno, che ha un nucleo formato da un solo protone e da un unico elettrone orbitante intorno ad esso. I più pesanti, come ad esempio l’uranio, contano centinaia fra protoni e neutroni.

L’energia nucleare è in definitiva prodotta per due vie: fondendo nuclei leggeri per produrre nuclei più pesanti oppure “spaccando” in due parti (fissionando) nuclei pesanti per produrre elementi più leggeri. Nel primo caso, abbiamo energia da fusione nucleare (v. mio articolo del blog: “Il sogno di Prometeo”), nel secondo, energia da fissione nucleare, come avviene nei reattori esistenti. In entrambi i casi, l’energia viene liberata in base al modo in cui i componenti del nucleo si comportano nel loro modo di legarsi (o di slegarsi) reciproco, in base alla forza (o interazione) nucleare.

Non esistono ancora reattori che producano energia da fusione nucleare ma si sta procedendo speditamente per arrivare presto a una soluzione tecnologica efficiente. L’Enea è in prima linea in questa ricerca (articolo citato). Attualmente, la forma di produzione terrestre più elevata di energia da fusione la si può ottenere nelle esplosioni termonucleari.

La scoperta

Analizzando più approfonditamente i dati prodotti dalle campagne sperimentali del Large Hadron Collider (LHC) di Ginevra del mese di giugno dello scorso anno (v. mio articolo del blog: “Vi spiego cosa è ‒ e a cosa serve ‒ la particella Xi”), Marek Karliner dell’Università di Tel Aviv e Jonathan L. Rosner dell’Università di Chicago hanno scoperto qualcosa di molto interessante studiando le proprietà di una famiglia di nuove particelle che, al contrario di ciò che accade per protoni e neutroni, sono formate da due quark charm (double charmed) e da un quark up (c + c + u).

Quello che i due ricercatori hanno osservato è che la fusione tra quark produce un eccesso di energia. La fusione tra quark charm richiede infatti una certa spesa di energia ma ciò che si ottiene in conseguenza è la cessione di una energia superiore a quella che è stata impiegata. Insomma, si tratta di un processo che presenta una certa efficienza. Questo fenomeno ha permesso ai due ricercatori di estrapolare con un calcolo la resa energetica qualora nel processo di fusione vengano coinvolti i quark bottom, che hanno una massa maggiore rispetto a quelli charm. Beh, il risultato è stato eclatante: hanno ottenuto una disponibilità in eccesso di energia quasi dieci volte superiore a quella che si otterrebbe dalla fusione nucleare “classica” tra due nuclei di idrogeno!

Questa scoperta porterebbe la fusione tra quark a un livello di resa energetica superiore di un ordine di grandezza rispetto a quella che avviene nelle stelle o a quella che un domani potrebbe essere utilizzata nei reattori a fusione (è stata chiamata “quarksplosion”). Ottima notizia, sembrerebbe, ma...

... e qui sta il problema. Già, perché c’è un bel “ma”. Non più tecnico bensì... etico. Prima di dare alle stampe il loro lavoro, i due ricercatori ‒ che alla fine hanno inviato la nota su 'Nature' (M. Karliner, J. L. Rosner ‒ Quark-level analogue of nuclear fusion with doubly heavy baryons ‒ NATURE 2 november 2017 ‒ Vol. 551) ‒ si sono interrogati sull’opportunità di pubblicare o meno i loro risultati scientifici. Dato che la fusione nucleare trova una delle sue realizzazioni mature (in senso tecnologico!) nella devastante potenza delle bombe termonucleari, i due hanno pensato che la loro scoperta potesse far salire di qualche ordine di grandezza il potenziale distruttivo di ogni singola bomba termonucleare. E hanno meditato a lungo prima di decidere se annunciare pubblicamente i risultati raggiunti.

La natura benevola ha dato loro una mano: la durata della vita dei quark bottom è estremamente breve, dell’ordine dei millesimi di miliardesimo di secondo; poi si trasformano decadendo in altre particelle. Non c’è quindi modo (né tempo!) di utilizzare tecnologicamente questa scoperta per produrre energia pacificamente o ‒ soprattutto ‒ per costruire ordigni dagli effetti ancora più letali. Lo stesso Karliner ha ammesso che se avesse intuito nella ricerca la possibilità di un’applicazione militare, si sarebbe astenuto dal pubblicare i risultati del loro lavoro, che ha comunque una indubbia valenza scientifica.

Resta infatti intatta la bellezza e l’importanza di una scoperta che contribuirà a sondare e a svelare sempre più in profondità i misteri del mondo infinitamente piccolo che ha tante ricadute nella comprensione dell’universo in cui abitiamo.

 



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