Ambiente, accoglienza, democrazia e diritti. La visione di Francesco

Cosa ha detto il Santo Padre al Corpo diplomatico del Vaticano

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“Non si può pensare di progettare un futuro migliore, né auspicare di costruire società più inclusive, se si continuano a mantenere modelli economici orientati al mero profitto e allo sfruttamento dei più deboli”. Suona come un “aut aut” questo passaggio del discorso di Papa Francesco al Corpo diplomatico, che ha ricevuto nella Sala regia per lo scambio degli auguri di inizio anno. Molti gli argomenti affrontati perché è l’occasione nel quale tradizionalmente il Papa esprime la posizione della Santa Sede sui diversi problemi emergenti della politica internazionale e rinnova i suoi appelli per la pace nelle aree di crisi. In questo contesto, sono importanti le parole a sostegno dello “status quo” di Gerusalemme, della ricostruzione etica e sociale e non solo edilizia della Siria devastata dalla guerra, della convivenza in Libano e Iraq e della pacificazione dell’Ucraina, ma colpiscono molto anche le righe dedicate da Francesco “al caro Venezuela, che sta attraversando una crisi politica ed umanitaria sempre più drammatica e senza precedenti”.

“La Santa Sede - ha detto il Papa - mentre esorta a rispondere senza indugio alle necessità primarie della popolazione, auspica che si creino le condizioni affinché le elezioni previste per l’anno in corso siano in grado di avviare a soluzione i conflitti esistenti, e si possa guardare con ritrovata serenità al futuro”.

In difesa della democrazia e dei diritti (ma contano più quelli collettivi)

Questo richiamo alla sovranità del popolo rappresenta uno dei cardini, del resto, della visione di Francesco, come emerge anche nel capitolo dedicato ai bambini del mondo. “Sono motivo di particolare preoccupazione - ha detto - i dati pubblicati recentemente dall’Organizzazione mondiale del lavoro circa l’incremento del numero dei bambini impiegati in attività lavorative e delle vittime delle nuove forme di schiavitù. La piaga del lavoro minorile continua a compromettere seriamente lo sviluppo psico-fisico dei fanciulli, privandoli delle gioie dell’infanzia, mietendo vittime innocenti. Eliminare le cause strutturali di tale piaga dovrebbe essere una priorità di governi e organizzazioni internazionali, chiamati ad intensificare gli sforzi per adottare strategie integrate e politiche coordinate finalizzate a far cessare il lavoro minorile in tutte le sue forme”.

Il Papa ha ricordato in proposito la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, invitando a “non tralasciare un aspetto strettamente connesso ad essa: ogni individuo ha pure dei doveri verso la comunità, volti a «soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica”. “Il giusto richiamo ai diritti di ogni essere umano, deve tener conto - ha spiegato - che ciascuno è parte di un corpo più grande. Anche le nostre società, come ogni corpo umano, godono di buona salute se ciascun membro compie la propria opera, nella consapevolezza che essa è al servizio del bene comune”.

I guai portati dal '68

Nella cultura di oggi, però, "l'interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di 'nuovi diritti', non di rado in contrapposizione tra loro. E ciò non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni”, ha messo in guardia Francesco rilevando che anche a causa dei sommovimenti del '68 "si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare". 

In proposito il Papa ha tenuto a chiarire che il riconoscimento dei diritti è una cosa positiva, in quanto "tali diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano. Essi sono stati enunciati per rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e favorire quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama sviluppo umano integrale, poichè riguarda la "promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo fino a comprendere l'umanità intera". Ma, ha osservato il Papa, "una visione riduttiva della persona umana apre invece la strada alla diffusione dell'ingiustizia, dell'ineguaglianza sociale e della corruzione".  "Vi può essere quindi il rischio per certi versi paradossale che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare - ha ammonito il Papa - moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli. In pari tempo, è bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo".

La visione multilaterale della Santa Sede

Ma Papa Francesco ha voluto rilanciare nel suo discorso anche la visione del multilateralismo da sempre sostenuta dalla Santa Sede. Se ancora oggi "gravi conflitti locali continuano ad infiammare varie Regioni della terra", per il Papa vuol dire che l'umanità non ha saputo recepire la lezione delle due Guerre Mondiali e comprendere che "vincere non significa mai umiliare l'avversario sconfitto". "La pace - ha spiegato nel discorso al Corpo Diplomatico - non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non è la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensi' la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze. Da cio' deriva il secondo monito: la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di parità". 
"Anche i rapporti fra le Nazioni, come i rapporti umani, vanno regolati nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante, nella libertà", ha ribadito il Papa denunciando che "gli sforzi collettivi della Comunità internazionale, l'azione umanitaria delle organizzazioni internazionali e le incessanti implorazioni di pace che si innalzano dalle terre insanguinate dai combattimenti sembrano essere sempre meno efficaci di fronte alla logica aberrante della guerra. Tale scenario non puo' far diminuire il nostro desiderio e il nostro impegno per la pace, consapevoli che senza di essa lo sviluppo integrale dell'uomo diventa irraggiungibile". 

Per il Papa, e questo è uno dei punti forti del suo Magistero, “tra i doveri particolarmente impellenti vi è oggi quello di prendersi cura della nostra Terra. Sappiamo che la natura può essere di per sé cruenta anche quando ciò non è responsabilità dell’uomo. L’abbiamo visto in quest'ultimo anno con i terremoti che hanno colpito diverse parti della terra, particolarmente negli ultimi mesi in Messico e in Iran mietendo numerose vittime, come pure con la forza degli uragani che hanno interessato diversi Paesi caraibici fino a giungere sulle coste statunitensi e che, più recentemente, hanno investito le Filippine”.  “Tuttavia - ha ammonito - non bisogna dimenticare che c’è anche una precipua responsabilità dell’uomo nell'interazione con la natura. I cambiamenti climatici, con l’innalzamento globale delle temperature e gli effetti devastanti che esse comportano, sono anche conseguenza dell’azione dell’uomo. Occorre dunque affrontare, in uno sforzo congiunto, la responsabilità di lasciare alle generazioni che seguiranno una Terra più bella e vivibile, adoperandosi, alla luce degli impegni concordati a Parigi nel 2015, per ridurre le emissioni di gas nocivi all’atmosfera e dannosi per la salute umana”.

Lo spirito dell’accoglienza che deve prevalere sulla paura

“Si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure ancestrali", ha osservato infine Francesco nel discorso al Corpo Diplomatico invitando i governi del mondo a “non dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite, e che la libertà di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dell'uomo". Secondo il Papa, "occorre dunque uscire da una diffusa retorica sull'argomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone". E in proposito ha ringraziato l’Italia, la Germania  ela Grecia per la loro generosità, ma anche ha detto grazie ai Paesi del Terzo Mondo che "si sono prodigati in questi anni per fornire assistenza ai numerosi migranti giunti ai loro confini". "Penso anzitutto - ha elencato - all'impegno di non pochi Paesi in Asia, in Africa e nelle Americhe, che accolgono e assistono numerose persone". 

 "Conservo ancora vivo nel cuore – ha confidato - l'incontro che ho avuto a Dacca con alcuni appartenenti al popolo Rohingya e desidero rinnovare i sentimenti di gratitudine alle autorità del Bangladesh per l'assistenza che prestano loro sul proprio territorio".  In tale prospettiva, Francesco ha esortato a "non dimenticare l'interazione con le comunità religiose, sia istituzionali che a livello associativo, le quali possono svolgere un ruolo prezioso di rinforzo nell'assistenza e nella protezione, di mediazione sociale e culturale, di pacificazione e di integrazione”. “Tra i diritti umani che vorrei richiamare quest'oggi vi è anche – ha precisato - il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, che include la libertà di cambiare religione” mentre “il diritto alla libertà di religione appare sovente disatteso e non di rado la religione diviene l'occasione per giustificare ideologicamente nuove forme di estremismo o un pretesto per l'emarginazione sociale, se non addirittura per forme di persecuzione dei credenti. La costruzione di società inclusive esige come sua condizione una comprensione integrale della persona umana, che può sentirsi davvero accolta quando è riconosciuta e accettata in tutte le dimensioni che costituiscono la sua identità, compresa quella religiosa".

Secondo il Papa un mondo più giusto, fraterno e tollerante è possibile e “lo spirito che deve animare i singoli e le Nazioni in quest’opera è assimilabile a quello dei costruttori delle cattedrali medievali che costellano l’Europa. Tali imponenti edifici raccontano l’importanza della partecipazione di ciascuno ad un’opera capace di travalicare i confini del tempo. Il costruttore di cattedrali sapeva che non avrebbe visto il compimento del proprio lavoro. Nondimeno si è adoperato attivamente, comprendendo di essere parte di un progetto, di cui avrebbero goduto i suoi figli, i quali – a loro volta – lo avrebbero abbellito ed ampliato per i loro figli. Ciascun uomo e donna di questo mondo – e particolarmente chi ha responsabilità di governo – è chiamato a coltivare lo stesso spirito di servizio e di solidarietà intergenerazionale, ed essere così un segno di speranza per il nostro travagliato mondo. Con queste considerazioni rinnovo a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e ai vostri popoli l’augurio di un anno ricco di gioia, di speranza e di pace”. 

 



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