Gesù si fa “compagno di strada di quanti sono costretti a lasciare la propria terra a causa di conflitti armati, di attacchi terroristici, di carestie, di regimi oppressivi. A questi migranti forzati Egli fa incontrare dei fratelli sotto ogni cielo, per condividere il pane e la speranza nel comune cammino”. Sono parole di Papa Francesco nel suo messaggio pasquale, seguite qualche giorno dopo dalla ferma denuncia sulla condizione nella quale vengono tenuti quanti arrivano da noi fuggendo da fame e violenza, pronunciata all’Isola Tiberina in occasione della visita al santuario dei martiri del ‘900: “i campi di rifugiati, tanti, sono campi di concentramento per la folla di gente lasciata lì e i popoli generosi che li accolgono debbono portare avanti da soli questo peso, e gli accordi internazionali sembrano più importanti dei diritti umani". Un’accusa ribadita poi sull’aereo che dal Cairo lo portava a Roma: “non era un lapsus. Ho detto che ci sono tanti campi profughi che sono campi di concentramento, in Italia e in altre parti, ma non in Germania. Se la gente è chiusa in un campo e non può uscire, cos’altro è se non un campo di concentramento? Il solo fatto di stare chiusi e non poter uscire è un lager. Pensiamo a quel che era successo alla Manica”.
Per non mettersi in conflitto con l’Osservatore Romano (che, essendo il direttore in Egitto con lui, ha pubblicato acriticamente le accuse, quasi considerandole plausibili) Francesco ha lasciato che fosse il direttore di Migrantes, l’arcivescovo eletto di Ferrara, monsignor Giancarlo Perego, a parlare di “fuoco politico ipocrita e vergognoso”,) riguardo all’inchiesta sulle Ong impegnate nel salvataggio dei migranti in mare, reso possibile dal fatto di conoscere le rotte degli scafisti, circostanza sulla quale si fonda l’indagine della Procura di Catania (“vogliono che li lasciamo affogare”, ha commentato in proposito l’imprenditrice maltese Regina Catambrone, che con il marito ha salvato migliaia di persone). Tuttavia ha deciso di tornare il prossimo luglio, a quattro anni dalla visita a Lampedusa, a sostenere i migranti che sbarcano sulle nostre coste, visitando un campo profughi nei pressi di Agrigento, sul quale ha anticipato un aneddoto divertente: "mi ha fatto ridere, è la cultura italiana, quello che mi ha raccontato un dirigente dell'Azione Cattolica di Agrigento: in Sicilia in uno dei campi profughi della zona, i capi di quella città hanno parlato alla gente per trovare un accomodamento: 'voi non potete stare sempre chiusi lì dentro voi dovete uscire, ma non fate cose brutte. Noi le porte del campo non le possiamo aprire, ma facciamo un buco dietro così' potete uscire e rientrare. E grazie a questo - ha spiegato il Papa - i rapporti tra cittadini e profughi lì sono buoni".
Pane, lavoro e diritti
Ma sul tema dei diritti umani, Francesco ha usato nel suo viaggio parole altrettanto chiare quando ha rivendicato il loro “incondizionato rispetto”, condannando le violenze che fanno soffrire ingiustamente tante famiglie ed esortando ad agire affinché “non manchino a nessuno il pane, la libertà e la giustizia sociale”, elementi tutti e tre irrinunciabili nella visione di Francesco che rifiuta quel baratto altre volte accettato dalle chiese locali di paesi non democratici: meno libertà politica in cambio di libertà religiosa e pane. Per Francesco, infatti, pane, lavoro e diritti sono un trinomio inscindibile al pari di quello che ha richiamato nei discorsi ai Movimenti popolari: “Tierra, trabajo, techo”.
Il lavoro è una “capacità innata” e un “bisogno fondamentale”, ha scritto nel messaggio alla professoressa Margaret Archer, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in occasione della sessione plenaria dell’organismo, rilevando che la parola “bisogno” è ben più forte rispetto al concetto di lavoro come “diritto”: la storia insegna infatti che “i diritti possono essere sospesi o addirittura negati; le capacità, le attitudini e i bisogni, se fondamentali, no”.
Il tema della plenaria, “Verso una società partecipativa: nuove strade per l’integrazione sociale e culturale”, invita a riflettere - ha spiegato - sulla questione della partecipazione sociale. Dal momento che la società è “una realtà partecipativa per il reciproco interscambio”, dobbiamo rappresentarla come “un tutto irriducibile e come un sistema di interrelazione fra le persone”. La giustizia, ha aggiunto il Papa, può essere allora ritenuta la “virtù” degli individui e delle istituzioni, che nel rispetto dei legittimi diritti mirano “alla promozione del bene di coloro che vi prendono parte”.
Richiamando al senso di “fraternità” e all’impegno “per l’allargamento dello spazio di dignità e di libertà delle persone”, Francesco ha notato che “ciò che è più inquietante oggi è l’esclusione e la marginalizzazione dei più da una partecipazione equa nella distribuzione su scala nazionale e planetaria dei beni sia di mercato sia di non-mercato”, come la dignità, la libertà, la conoscenza, l’appartenenza, l’integrazione, la pace. Proprio le diseguaglianze, “insieme alle guerre di predominio e ai cambiamenti climatici”, sono le cause della più grande migrazione forzata nella storia, “che colpisce oltre 65 milioni di esseri umani”, senza dimenticare il “dramma crescente” delle nuove schiavitù nelle forme del lavoro forzato, della prostituzione, del traffico di organi, che sono “veri crimini contro l’umanità”: è “allarmante - ha osservato - che oggi il corpo umano si compri e si venda, come fosse una merce di scambio”.
Serve una grande politica
Parole molto forti, che debbono farci vergognare. Ma vergognarsi in effetti non basta. Le parole di Francesco chiamano all’impegno: non vuole che le sue denunce restino fini a se stesse. “Mettetevi nella grande politica. Non restate in poltrona. Questo ingrassa e fa male al colesterolo”, ha chiesto infine usando di nuovo i toni dello humor in piazza San Pietro, nell’incontro con oltre 100mila membri dell’Azione Cattolica in occasione dei 150 anni di vita dell’associazione. Bergoglio ha ricordato che la nascita di questa realtà “fu un sogno, nato dal cuore di due giovani, Mario Fani e Giovanni Acquaderni, che è diventato nel tempo cammino di fede per molte generazioni, vocazione alla santità per tantissime persone: ragazzi, giovani e adulti che sono diventati discepoli di Gesù e, per questo, hanno provato a vivere come testimoni gioiosi del suo amore nel mondo.
“Anche per me - ha aggiunto il Papa - è un po’ aria di famiglia: mio papà e mia nonna erano dell’Azione Cattolica. È una storia bella e importante, per la quale avete tante ragioni di essere grati al Signore e per la quale la Chiesa vi è riconoscente. È la storia di un popolo formato da uomini e donne di ogni età e condizione, che hanno scommesso sul desiderio di vivere insieme l’incontro con il Signore. Come è accaduto in questi centocinquanta anni, sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico. Mettetevi in politica ma, per favore, nella politica con la P maiuscola. Attraverso la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale. Allargate il vostro cuore per allargare il cuore delle vostre parrocchie. Siate viandanti della fede, per incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti. Ogni vita è vita amata dal Signore, ogni volto ci mostra il volto di Cristo, specialmente quello del povero, di chi è ferito dalla vita e di chi si sente abbandonato, di chi fugge dalla morte e cerca riparo tra le nostre case, nelle nostre città”. E siamo di nuovo ai migranti, che per qualcuno non andrebbero salvati in mare.