Non mancano nel nostro Paese le ragioni per disperarsi: dagli indicatori economici, al tasso di disoccupazione, al calo demografico, ai fatti di cronaca che atterriscono, come le due uccisioni del “sabato sera” ad Alatri e a Brescia, frutto di inaudita violenza e volontà di sopraffazione (come ha detto il vescovo Lorenzo Loppa ai funerali di Emanuele Morganti), di razzismo allo stato puro (Yaisy Bonilla era di origine colombiana), ma certamente anche della cultura dello sballo, al pari di tanti incidenti stradali, ma anche di quei suicidi che falcidiano i nostri ragazzi e non vengono quasi mai raccontati, come ha denunciato Papa Francesco più volte.
Francesco: perché non si parla di quanti giovani si tolgono la vita?
“Un giovane che non può studiare, che non ha lavoro, che ha la vergogna di non sentirsi degno perché non ha lavoro, non si guadagna la vita. Ma quante volte questi giovani finiscono nelle dipendenze? Quante volte si suicidano? Le statistiche dei suicidi dei giovani non si conoscono bene. O quante volte questi giovani vanno a lottare con i terroristi, almeno per fare qualcosa, per un ideale. Io capisco questa sfida”, ha confidato il 21 giugno 2015 a Torino.
Il male che affligge l'Italia: lasciarsi morire lentamente
E domenica, in Emilia Romagna, con grande efficacia il Papa ha parlato anche di quel lasciarsi morire lentamente degli adulti, un male che affligge purtroppo anche il nostro Paese al quale come primate d’Italia si sente in dovere di dare la sveglia. Questa tentazione a rinchiudersi anzitempo nella tomba, ha spiegato, nasce anche dalla delusione, dello scoprire, come accade a tutti, che “Dio non fa scomparire il male magicamente”.
Carlo ad Amatrice mentre Francesco incoraggia l’Emilia
“Non lasciamoci imprigionare dalla tentazione di rimanere soli e sfiduciati a piangerci addosso: c’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C’è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l’aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza”, ha sottolineato alla folla radunata a Carpi, uno dei luoghi colpiti dal terremoto del 2012. "Le ferite del terremoto stanno guarendo, ma rimarranno tutta la vita le cicatrici. E guardandole abbiate il coraggio di far crescere i vostri figli nel coraggio e spirito di speranza che avete avuto nel momento delle ferite", ha esortato rivolto ai fedeli.
Nelle stesse ore il principe Carlo d’Inghilterra (che martedì 4 sarà ricevuto da Francesco in Vaticano) usava parole analoghe a Amatrice, città simbolo del sisma del Centro Italia. “Speriamo non dobbiate rimanere troppo in questa situazione, pregherò per voi. Faremo qualcosa di concreto per aiutare le popolazioni colpite dal sisma della scorsa estate”, ha affermato l’erede al trono a conclusione di quella che il sindaco Sergio Pirozzi ha definito “una giornata importante per la mia comunità, non soltanto per la visita del principe Carlo, ma per la particolare attenzione che sia lui sia l’ambasciata inglese hanno mostrato per questo territorio”. Carlo ha visitato la zona rossa di Amatrice, deposto fiori al memoriale delle 249 vittime del terremoto del 24 agosto e ha anche visitato il Centro operativo intercomunale, accompagnato dal capo della Protezione civile Fabrizio Curcio.
Fiori e preghiere per le vittime dei terremoti
Preghiere e fiori per le vittime anche da Papa Francesco, a Mirandola, dove si è fermato a visitare la Baxter, azienda biomedicale messa in ginocchio dal terremoto e ora di nuovo in pista avendo salvato 400 posti di lavoro, ed è poi entrato nel Duomo passando sotto le impalcature che mantengono il soffitto. La città, in effetti, come rilevato da Francesco, “reca ancora visibili i segni di una prova tanto dura”. Dopo quel sisma, ha riconosciuto il Pontefice, “molto è stato fatto nell’opera della ricostruzione ma è quanto mai importante un deciso impegno per recuperare anche i centri storici: essi sono i luoghi della memoria storica e sono spazi indispensabili della vita sociale ed ecclesiale”.
Con le parole e i gesti, a Mirandola il Pontefice ha voluto abbracciare gli abitanti di questa e delle altre località colpite dal terremoto nel maggio 2012. Ed ha rinnovato “l’apprezzamento alla Protezione Civile, ai volontari e a quanti sono stati impegnati, a diversi livelli, nelle attività di ripristino delle strutture e di ripresa della vita comunitaria”. “So bene - ha continuato - quanto il terremoto abbia compromesso il patrimonio umano e culturale di questa vostra terra. Penso ai disagi che avete subito: le ferite alle case, alle attività produttive, alle chiese e agli altri monumenti, carichi di storia e di arte e simbolo della spiritualità e della civiltà di un popolo”.
Il campo di concentramento di Fossoli: dalla morte simbolo di rinascita
Nel breve discorso rivolto a Papa Francesco davanti al Duomo di Mirandola sorretto da centinaia di tubi Innocenti, il vescovo Francesco Cavina ha annunciato che "entro l'estate saranno iniziati i lavori di restauro tanto attesi dalla popolazione". Grande organizzatore, monsignor Cavina ha fatto trovare gremita a Papa Francesco l’immensa piazza Martiri (52 arcate e 212 metri di portico, la terza come grandezza in Italia, capace di contenere oltre 50mila persone) che ricorda l’eccidio del 12 luglio 1944, quando 67 internati politici furono trucidati dalle SS all’interno del poligono di tiro di Cibeno e 16 in quella piazza loro intitolata, Le vittime provenivano da 27 diverse province italiane, avevano diversa estrazione sociale e rappresentavano le varie anime antifasciste dell’epoca. Uomini prelevati dal vicino Campo di concentramento di Fossoli, vergogna d’Italia, dove passò anche Primo Levi. Tra il 1945 e il 1947 è stato campo per "indesiderabili", ovvero un centro di raccolta per profughi stranieri. Ma dal 1947 al 1952 ha ospitato la comunità dei Piccoli Apostoli di Don Zeno Saltini che a Fossoli hanno dato vita a Nomadelfia, una vera occasione di riscatto e rinascita per i bambini poveri orfani della guerra. E poi anche i profughi giuliano-dalmati in fuga dall’Istria, ha ricordato il presule.
Non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura
Lo scenario dunque non poteva essere più adatto alla riflessione proposta dal Papa a partire dall’episodio evangelico della risurrezione di Lazzaro, con l’invito a non restare “nell’atmosfera del sepolcro”. “Non lasciamoci imprigionare - ha riassunto - dalla tentazione di rimanere soli e sfiduciati a piangerci addosso per quello che ci succede; non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura, al ripetere rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta”. “Sentiamo rivolte a ciascuno di noi - ha esortato Francesco - le parole di Gesù a Lazzaro: ‘Vieni fuori!’; vieni fuori dall’ingorgo della tristezza senza speranza; sciogli le bende della paura che ostacolano il cammino; ai lacci delle debolezze e delle inquietudini che ti bloccano, ripeti che Dio scioglie i nodi”.