Un comunicato ufficiale dell’INGV – Centro Nazionale Terremoti ha tolto qualsiasi dubbio rispetto alla scossa di terremoto avvertita stamattina sull’Isola d’Ischia, nel Golfo di Napoli, in alcuni comuni come Casamicciola, Lacco Ameno e Barano in particolar modo.
A circa un’anno di distanza dal precedente terremoto questa nuova scossa si può inserire in quella che è la normale attività sismica per un’isola vulcanica, per quanto nessuno scienziato possa oggi predire cos’altro accadrà, se ci saranno o no altre scosse e di quale entità.
Nessun allarme particolare, possiamo stare tranquilli? In linea di massima i problemi legati alla gestione del territorio ci dicono che Ischia al momento è un posto sicuro, ma bisognerebbe fare molto di più per diminuire la percentuale di rischio in caso di calamità naturale , in quanto mancano quasi del tutto le normali misure atte a prevenire, contenere e gestire la crisi. Del resto Ischia resta in balia delle forze naturali anche solo per un semplice acquazzone imprevisto, figuriamoci per un terremoto.
Quello che risulta interessante osservare in occasione di questa scossa agostana è il “terremoto social” che si è innescato in particolar modo su Facebook, dove gli utenti si sono immediatamente polarizzati sull’accaduto.
Bisogna tenere presente che nei luoghi dove la scossa non si è praticamente avvertita il tam tam socialmediatico ha reso l’argomento virale molto rapidamente e se non ci fosse stata questa immediatezza di comunicazione probabilmente la percezione dell’avvenimento sarebbe stata molto più diluita.
Su Facebook si sono generate numerose discussioni sull’opportunità o meno di parlare della scossa appena avvenuta, come se evitando di parlarne si potesse quasi esorcizzare il pericolo, o con l’idea di sottrarre spazio a un sentimento negativo che mette a rischio la permanenza dei turisti sull’isola.
Addirittura molti utenti hanno suggerito di cancellare i post in cui si parla del terremoto, oppure di fare dei gruppi chiusi in cui discutere dell’accaduto, a testimonianza di quanto ormai Facebook sia il principale ambiente di comunicazione nel quale si forma l’opinione pubblica e il senso comune sugli argomenti in agenda. L’acredine tra le due posizione opposte – comunicare il pericolo Vs. tacerlo – mostra come l’era digitale spinga sempre più i cittadini a credere che le azioni social condizionino in maniera decisiva anche il mondo reale.
Se questo è vero per alcune dinamiche, non può sicuramente esserlo per i fenomeni fisici: di fronte a un terremoto recitare una preghiera o cliccare “non mi piace” non è risolutivo. Quello che andrebbe ricordato in caso di crisi è che le comunicazioni andrebbero centellinate per evitare di sovraccaricare le reti – telefoniche, internet, ecc. – favorendo in tal modo solo quelle necessarie.
Tenere a portata uno zaino con il minimo indispensabile – torcia, cibo di sicurezza, ricambi, ecc. – può salvare la vita, queste sono le informazioni che bisognerebbe condividere in caso di emergenza. La tendenza dei social media a favorire la formazione di gruppi di opinione contrastanti che si combattono a colpi di clic è probabilmente da tenere in conto per la gestione di ogni futura emergenza.
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