Per caso, ho trascorso il giorno anniversario dell’assassinio di Giovanni Falcone a pochi minuti da Capaci, il paese dove un altro Giovanni, Giovanni Brusca, 25 anni fa azionò la bomba che uccise lui, la moglie e tre agenti della scorta.
Giovanni Brusca è rinchiuso a Rebibbia, carcere dove da qualche mese mi reco a prestare servizio come cappellano volontario, e forse anche in ragione di ciò oggi mi sento ancora più addosso la strage di Capaci. La Sicilia mi innamora e per questo, chi mi segue su Instagram, può vedere le foto con le quali cerco di ritrarla in queste ore. Ma non ho mai pensato che la Sicilia fosse solo luce accecante: è anche la luce delle bombe.
Oggi Giovanni Falcone se fosse vivo avrebbe compiuto da pochi giorni ottant’anni e avrebbe spento le candeline della torta insieme ai parenti, invece lo stiamo commemorando e, giustamente, parliamo di lui come di un eroe. Ma Falcone avrebbe preferito non essere un eroe.
"L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza"
Ci sono due frasi di Giovanni Falcone che mi rimasero impresse quando le lessi per la prima volta. La prima è “l’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza”; e la seconda è: “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.”
La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine
La Mafia sapeva benissimo che la bomba di Capaci sarebbe stata la prima notizia in tutto il mondo ma, come era accaduto per tutti gli altri loro attentati, credeva che dopo una settimana, quindici giorni, non se ne sarebbe parlato più. Questo non accadde perché, proprio a partire da Giovanni Falcone e grazie a persone come Giovanni Falcone che sforzarono di comunicare e spiegare cosa fosse la Mafia, dal 23 maggio 1992 l'Antimafia uscì dalle aule dei Tribunali e dalle auto di scorta per entrare nelle televisioni, sui giornali, nei libri, e diventare un movimento civile tale da costringere le istituzioni a cambiare.
Falcone è stato un eroe che, ogni vero eroe, non voleva essere un eroe. Il suo atteggiamento può essere applicato a tanti campi della nostra vita civile. Le sue sono parole che dovrebbero riguardare tutti noi, evidentemente non solo con riferimento alla Mafia ma con riferimento agli ideali per cui viviamo.
Per essere credibili bisogna essere ammazzati
Vivere profondamente impegnati per realizzare ciò in cui crediamo porta inevitabilmente a dover fare i conti con le proprie paure: questo è il motivo per cui troppo pochi hanno veramente ideali e quindi, quei pochi, sono destinati ad essere martiri. Ho tradotto con parole mie le due frasi legandole insieme perché vorrei sottolineare come la lungimiranza di Falcone non fosse solo quella che lo spinse a morire a Capaci ma anche a compiere lo sforzo di raccontare. Perché un Paese civile per cambiare ha bisogno di cultura, di riflessione.
Non basta fare il bene: bisogna anche cercare di spiegare le ragioni per cui ci si comporta in un certo modo. Con un unico scopo. Che il famoso aforisma di Falcone "per essere credibili bisogna essere ammazzati" venisse smentito. Purtroppo, invece, venne confermato.