Fukushima anzitutto conferma che un incidente nucleare grave, a differenza di qualsiasi altro tipo di incidente, non è delimitabile nello spazio e nel tempo.
La radioattività infatti si trasmette in gran parte attraverso l’atmosfera e la catena alimentare, che non possiamo controllare, e può compromettere l’uso di un territorio anche per migliaia di anni. Proprio per queste caratteristiche nessuna compagnia di assicurazioni è disposta a coprire i rischi associati a una centrale nucleare.
Dopo l’incidente di Fukushima sono stati spenti tutti i 54 reattori nucleari giapponesi, per effettuare approfondite veri che sulla loro sicurezza.
La tecnologia non è un idolo
Fukushima insegna però che gli enormi interessi economici e politici coinvolti nel nucleare impediscono una gestione trasparente di eventuali incidenti: non ci si può fidare di quello che viene comunicato dalle aziende che gestiscono le centrali e neppure dalle autorità governative.
Fukushima insegna anche che un grave incidente nucleare provoca non soltanto il collasso economico dell’azienda che gestisce la centrale, ma anche molti problemi per la nazione coinvolta. Un recente studio ha stimato che i danni ammontano a 189 miliardi di euro, il doppio della stima precedente e il triplo di quella iniziale del governo. Per fare un confronto, il fondo di compensazione imposto dal governo Usa alla Bp per il disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico (2010) è stato di 20 miliardi di dollari.
L’incidente di Fukushima ha messo a nudo la pericolosità del fare della tecnologia un idolo. Il Giappone, nazione con scarse risorse naturali, nel dopoguerra si è illuso che l’energia nucleare − che pure aveva distrutto due sue città, uccidendo 180 000 persone − potesse offrire la soluzione ideale al problema energetico.
Forti pressioni del governo e costosissime campagne pubblicitarie delle compagnie elettriche avevano costruito il mito del "nucleare sicuro". Libri di testo, centri di pubbliche relazioni, parchi tematici rivolti in particolare ai bambini, dove il nucleare era descritto come il paese delle meraviglie, avevano inculcato l’idea che l’energia nucleare fosse non soltanto necessaria, ma anche assolutamente sicura.
Così è accaduto che, in un Paese dove le auto con appena tre anni di vita sono sottoposte a minuziose revisioni per poter circolare, reattori vecchi di decenni fossero controllati esclusivamente da chi non aveva alcun interesse a fermarli.