Dall’innovazione le risposte più importanti per affrontare la sfida della sostenibilità

Sembra profonda e diffusa la convinzione che nei prossimi trent'anni gli scenari energetici siano destinati a mutare in profondità. Cosa ci dice il rapporto Agi-Censis sulla cultura dell'innovazione

Dall’innovazione le risposte più importanti per affrontare la sfida della sostenibilità

Immaginate un Paese dove ognuno produrrà l’energia che gli serve, mettendo pannelli solari sul tetto di casa o su quello del condominio o mini pale eoliche nel giardino o sul terrazzo. È l’Italia immaginata dal 65,5% degli italiani convinti del fatto che diventeremo tutti, in qualche modo, produttori di energia in uno scenario no-grid (o smart-grid), dove la produzione di elettricità - e non il solo consumo - diventerà un fatto collettivo.

Il dato emerge dal Rapporto 2017 Agi-Censis 'La cultura dell'innovazione'. La maggioranza degli intervistati (57,6%) è convinta che grazie all'innovazione tecnologica avremo finalmente tutta l'energia di cui abbiamo bisogno senza impatti significativi sull'ambiente. Dall'innovazione quindi, evidenzia l’indagine Censis, gli italiani si attendono le risposte più importanti per affrontare la complessa sfida della sostenibilità e della progressiva decarbonizzazione dell'economia.

Non mancano tuttavia quelli che sposano gli scenari più apocalittici: il 52,3% pensa che l'energia sarà oggetto di razionamento e i costi d'accesso diventeranno molto elevati; il 36,4% ritiene molto probabile che nel 2050 il possesso di un'auto sarà garantito solo alle fasce benestanti di popolazione (sostanzialmente un ritorno alla Cina di 20 anni fa...).

Dall’innovazione le risposte più importanti per affrontare la sfida della sostenibilità
 Pannelli fotovoltaici

C’è poi il discorso delle infrastrutture, con le quali, basta vedere la vicenda Tap, gli italiani non sembra abbiano un buon rapporto. Eppure dal rapporto Censis emerge un quadro differente. All’82,4% del campione piacciono i parchi fotovoltaici, le stazioni ferroviarie ad alta velocità (76,4%) e quelli eolici (73,3%) nonostante le tante recenti polemiche connesse a fatti di cronaca e prese di posizione politiche.

Meno gradite, sia pure a saldo positivo, le grandi dighe finalizzate alla produzione idroelettrica. Resiste una quota (16,7%) convinta che qualsiasi impianto sia da osteggiare se operante nel proprio territorio (sindrome Nimby, Not In My Back Yard, "Non nel mio cortile").

Una posizione di equilibrio emerge verso le centrali a turbogas (per le quali i pareri positivi e negativi sostanzialmente si bilanciano). Bocciate senza appello invece quelle a carbone dal 76,5% del campione. Appare evidente che gli italiani abbiano ormai ben recepito che in tema di decarbonizzazione dell’economia un passo avanti significativo possa essere compiuto sostituendo le centrali a carbone ancora attive.

“Questo – dice il Censis - è certamente un elemento di sensibilità collettiva che gioca a favore di una gas-advocacy che accompagni la transizione energetica del Paese nell’immediato futuro”. Sembra passato e compreso il messaggio – contenuto nella Strategia energetica nazionale – dell’importanza del gas come fonte di transizione verso un futuro low carbon.

Dall’innovazione le risposte più importanti per affrontare la sfida della sostenibilità
Pannelli fotovoltaici presso la base Millevoi (Unifil-secwest-pio@un.org) 

Anche gli stili di vita virano verso modelli comportamentali di maggiore responsabilità sia in campo ambientale che energetico. In alcuni casi i nuovi orientamenti sono supportati da policy specifiche (le detrazioni fiscali per l’acquisto di elettrodomestici a basso consumo, per i ‘cappotti termici’ degli edifici o per l’installazione di infissi a tagli termico e vetrate a bassa trasmittanza, ad esempio).

In altri casi, si tratta più semplicemente di evoluzione delle sensibilità (l’elevato tasso dichiarato di raccolta differenziata dei rifiuti domestici - 89,4% del totale - ne è un esempio), a volte mixata con un’attenzione agli interessi reali (come per l’acquisto di autovetture che consentono di contenere i consumi e, conseguentemente, anche le emissioni).

C'è comunque la profonda e diffusa convinzione che nei prossimi trent'anni gli scenari energetici sono destinati a mutare in profondità. Per i più ottimisti il mutamento sarà gestibile, controllabile e non impatterà profondamente sui processi sociali grazie soprattutto all'evoluzione tecnologica.

Una quota per nulla trascurabile di pessimisti ritiene invece che il cambiamento ci sarà, ma soprattutto nei termini di un più oneroso accesso alle risorse energetiche e di un conseguente e addizionale aumento dei divari sociali. 



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