L'abbigliamento in plastica riciclata della torinese Quagga
Ricicli, ricicli, ricicli. Nel ricordo di una zebra estinta

Grazie allo sviluppo della tecnologia, anche la moda può dare il suo contributo per ridurre la quantità di rifiuti e fare impresa in un'ottica di economia circolare. Quagga (una sottospecie estinta della zebra delle pianure che un tempo viveva in Sudafrica) ha scelto di realizzare capi d’abbigliamento sostenibili riutilizzando scarti tessili e recuperando bottiglie di plastica. "E' un marchio nato a Torino nel 2009-2010 - ha spiegato il co-founder Lorenzo Minetti - utilizziamo materiali di scarto per capi di abbigliamento. In particolare, plastica riciclata, il PET, grazie al quale siamo riusciti a realizzare una filiera di capi spalla (giacconi impermeabili). Le nostre parole chiave? Riciclo e mancanza di spreco".
Alla fine li ricicli ancora
L'obiettivo è dimostrare che è possibile ottenere il comfort e le caratteristiche del cotone utilizzando fibre ottenute dal riciclo di materie plastiche presenti sul territorio, prive di sostanze nocive e potenzialmente cancerogene, con vantaggi in termini di ecocompatibilità e della salute del consumatore. Non solo. A fine vita, poi, i capi possono essere nuovamente riciclati.
Risorse dalla Rete
Nel 2018, la società ha chiuso con successo una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Ulule per sostenere le prevendite della Collezione autunno/inverno di quest'anno (e la linea Ecosoft), un'iniziativa che ha ricevuto risorse per 182 prevendite (l'obiettivo era 80).
Animal Free
Sempre Nel 2018 Quagga ha anche ottenuto la certificazione Animal Free che ha attestato che le sue giacche sono prive di componenti di origine animali. "Per salvare il mare dalla plastica noi la ricicliamo e ci facciamo abbigliamento" spiegano dalla società. “Per Quagga - si aggiunge - una filiera etica è anche una filiera equa e Made in Italy. Le nostre giacche continueranno a privilegiare una produzione italiana controllata in cui tutte le maestranze sartoriali e i soggetti coinvolti ricevano il giusto compenso, godano di sicurezza, non siano discriminate e sfruttate sul luogo di lavoro”.
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