Al tempo dei social neanche i sondaggi sono più quelli di una volta. Mi spiego. Normalmente un sondaggio viene creato a seguito di un dubbio o di una curiosità, del tentativo di sciogliere una domanda che potrebbe avere molteplici risposte; a volte serve per individuare una tendenza o un andamento. Non è un caso se deriva dal verbo sondare che, escludendo l’azione fisica-scientifica e limitandoci a quella più politica, rimanda alla volontà di fare un’indagine per individuare le caratteristiche di un determinato campione. In questo caso un campione di persone. Anzi, votanti.
I sondaggi ai tempi dei social
Oggi anche i social ci danno la possibilità di effettuare dei sondaggi. Come se stessimo aggiornando semplicemente il nostro profilo con una frase, un’immagine o un’opinione. Ma la propaganda elettorale estrema condotta su Facebook, Twitter e Instagram, quella fatta di dirette (pardon “live”) continue, del - sono uno di voi - e dell’ - uno vale uno -, dell’insulto rabbioso e della pancia solleticata, ha iniziato a mostrare quanto questo processo sia ormai stato completamente ribaltato.
Ora si parte da una risposta che incorpora il messaggio da veicolare alla propria community, a volte accompagnata con opzioni di risposta da evitare e volte a deridere o criticare le parti avverse, per ottenere un plebiscito. Un plebiscito di consensi. Un plebiscito di consensi scatenato da un campione che non è più rappresentativo ma già facente parte di una comunità omogenea e senza scalfitture interne. Senza echi esterni ma rimbombi di voci che gridano, e votano, all’unisono.
#LinoBanfi alla commissione UNESCO in un’Italia con il #RedditoDiCittadinza o Renzi presidente del consiglio? Con uno sapete già come è finita...
— carlo sibilia (@carlosibilia) January 22, 2019
I rischi dell’immediatezza
Questo è quello che ha provato a fare Carlo Sibilia, deputato del Movimento 5 Stelle e sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno, lanciando un doppio sondaggio su Facebook e su Twitter appena successivo all’annuncio della nomina di Lino Banfi a rappresentante italiano per l’Unesco. Il tentativo di Sibilia era quello di sobillare l’elettorato pentastellato e rispondere alle critiche piovute intorno alla decisione presa da Luigi di Maio. Il sondaggio in questione metteva a confronto, in maniera assai azzardata l’incarico del comico pugliese all’Ente internazionale con il ruolo svolto da Matteo Renzi come Presidente del Consiglio dei Ministri. Non è andata affatto bene.
Ciò che è, permane Anche negli anni passati, ovviamente, i sondaggi venivano commissionati per dare forza a un determinato assioma. Ma allora, prima dell’avvento prepotente dei social, c’era il tempo per nasconderli e non renderli pubblici. La rete ha eliminato il fattore tempo. Basta votare a un sondaggio per avere, in tempo reale, l’andamento del risultato.
Per questo si può avere, come nel caso Sibilia, anche l’effetto contrario: ovvero un’orda di votanti e simpatizzanti della parte avversa che si organizza, in breve tempo, per manipolare il risultato. Se il passaparola è rapido, le conseguenze sono altrettanto nefaste per chi ha creato il quesito. Da boom a boomerang ci sono appena cinque lettere. Sibilia ha raccolto in 21 ore circa 80 mila voti tra i due social, non pochi in verità, con un 80% di risposte contrarie a quella da lui preventivata.
Il deputato dei cinque stelle ha avuto il merito, da riconsocere, di non fare un secondo errore: quello di cancellare il tutto. Al tempo degli screenshot è perfettamente inutile. Mai i tappeti sono stati così trasparenti e la polvere così eveidente. L’ha presa sul ridere, rilanciando con un nuovo sondaggio. Stavolta il quesito è tutto interno alla maggioranza gialloverde, tra reddito di cittadinanza e quota 100, e non c’è il rischio di una nuova brutta figura. Perché, come ci hanno insegnato i politici di ogni schieramento e natura, “mai fidarsi di un sondaggio”. Di quelli sui social ancora meno.