E’ stata fondata nel 2009 da un piccolo gruppo di studenti appassionati dell’università canadese di Waterloo per “rompere le barriere” tra telefoni che impedivano ai Blackberry di chattare in modo gratuito con Android e iPhone. E’ Kik l’app di messaggistica istantanea, a metà tra Whatsapp e un social, che il finto ginecologo di Monza usava per adescare le minorenni di cui poi avrebbe abusato.
Sono soprattutto i giovanissimi ad usarla, visto che non è necessario un numero di telefono per registrarsi: basta una mail. Non essendo associata ad un cellulare, l’app può essere facilmente installata sia su smartphone che su tablet e, secondo gli esperti, facilita la proliferazione di numerosi account anonimi e fake. All’interno dell’app è presente un browser per acquistare giochi e mini-applicazioni per interagire con gli altri.
Per essere su Kik basta infatti un nome utente e una password. Facile dunque, come ha fatto il fantomatico Dottor Alberto Berti essere presenti e adescare le ragazze. Come altri social, ma in modo particolare, “il filtro di internet le rendeva particolarmente disinibite” ha spiegato la pm Francesca Gentilini che ha seguito il caso, questa mattina in conferenza stampa.
Al di fuori del social però le giovanissime - tra i 15 e i 17 anni - erano spaventate e inermi. Molte hanno continuato a nascondere la loro identità virtuale ai genitori, anche dopo l’inizio dell’indagine. C’è un altro aspetto preoccupante di Kik: una volta iscritti l’account non si può cancellare, si può sospendere per alcuni periodi per essere invisibili agli altri utenti, ma non eliminare definitivamente.