Quando sentiamo parlare di Internet of Things media e letteratura ci hanno abituati a pensare a smartphone e frigoriferi connessi, o a volte tosta pane che organizzano attacchi hacker. È anche così, ma in realtà c’è un universo ancora poco esplorato (dai media almeno) che è quello che riguarda la manifattura. Può sembrare strano, a tratti contro intuitivo, ma lo storico marchio dell’Harley Davidson rappresenta l’esempio meglio riuscito a livello globale di applicazione dell’Internet delle cose alla produzione di beni.
Lo rivela un libro appena uscito in Italia, e negli Usa è già da tempo un best seller complice l’autore del testo: Maciej Kranz, vicepresidente del ramo innovazione strategica di Cisco. È l’uomo che la multinazionale delle tecnologie dell’informazione ha incaricato nel 2000 per sviluppare il suo business basato sull’IoT nei più importanti mercati industriali.
Anni 90. L’Harley Davidson si trova ad affrontare la “familiare litania” di problemi sperimentati da molte aziende americane quel periodo. L'azienda stava quasi per chiudere, riportano le cronache del periodo (2005). La manodopera costava sempre di più, la produzione stessa diventava sempre più onerosa per le casse dell’azienda, e non c’era alcun allineamento tra la produzione e le nascenti tecnologie dell’informazione: “Se c’era un problema, noi ce l’avevamo”, aveva detto allora un ex manager della società.
“È probabilmente uno dei migliori esempi al mondo per raccontare come si trasforma un azienda con l’Internet of Things”, ha spiegato ad Agi Kranz. “Prima dell’Iot, l’Harley aveva problemi nella configurazione di nuove moto. Voleva almeno 18 mesi per la consegna degli ordini. E la ragione era che operava con dei set di dati che non comunicavano tra di loro. I dati semplicemente non seguivano i processi”.
Così l’azienda ha riunito alcune figure chiave sia in ambito It che nel campo della tecnologia operativa. In tutti i settori e nella maggior parte delle imprese la parte innovativa e quella comunicativa non sono sempre in grado di comunicare. E questo creava non pochi problemi alla Harley. “Non stiamo parlando di una rivoluzione di massa”, continua Kranz, “ma di un paio di persone di dipartimenti diversi che si sono riunite percorro scelta e hanno iniziato a parlarsi”. Successivamente hanno coinvolto alcuni colleghi e si sono riuniti in una stanza finché non hanno formato un team unico di persone disposte a comunicare tra loro e con le altre unità di business di Harley-Davidson per conseguire le efficienze che l’IoT poteva generare.
In sintesi, all’Harley è bastato integrare l’Internet nella produzione. Oggi uno dei suoi stabilimenti è pienamente abilitato all’IoT. I risultati, spiega Kranz, sono stati straordinari: “Cose che prima richiedevano una quantità di tempo problematica per essere valutate e risolte possono essere conseguite in una sola mattina”, scrive nel suo libro citando alcuni manager.
- Il processo decisionale per ogni singola operazione è stato dell’80% grazie ad una maggiore efficienza della forza lavoro.
- Sono calati i costi e i tempi.
- La produzione si è incrementata del 6,8 per cento.
- La redditività è aumentata del 4 percento. E questo solo per uno stabilimento dove con l’IoT si è fatto sul serio.
Eppure Kranz ci tiene a precisare che, diversamente da quanto si può pensare, l’IoT non è solo qualcosa per le grandi imprese. L’IoT è il futuro anche delle piccole e medie imprese. Il motivo è semplice: “Le aziende, di qualsiasi settore industriale, che non dovessero abbracciare questa tecnologia semplicemente saranno rimpiazzate dai propri concorrenti che sono stati in grado di adottarle prima. È una trasformazione del mercato in atto, e storicamente chi non se ne accorge viene cancellato”. Il suo libro, che è un manuale per manager per accompagnare ogni tipo di azienda nella trasformazione digitale, indica una serie di vie possibili. Tutte praticabili, dice convinto.
@arcangeloroc