Oggi ricorre il centenario dall’arrivo dei cavalli lipizzani in Italia, frutto delle complesse trattative di pace risalenti alla fine della prima guerra mondiale tra l’Austria e il nostro paese. Il nome della razza proviene dal borgo di Lipizza (Lipica), oggi in Slovenia, già tenuta di caccia dell’arcivescovo di Trieste (allora Austriaca) e affittata da Carlo II d’Asburgo nel 1580.
Non sono note le ragioni della scelta, ma è probabile che il sito sia stato individuato per il clima secco ed assolato e per i terreni duri e sassosi: condizioni che sembravano adatte al cavallo spagnolo. Inoltre, la vicinanza del porto di Trieste facilitava le importazioni di cavalli dalla Spagna.
La definizione delle sue caratteristiche, così come oggi le conosciamo, risale ai tempi dell’Imperatrice Austriaca Maria Teresa, anche per diretto interessamento del suo consorte, il principe Francesco di Lorena. I Lipizzani sono cavalli compatti di struttura “barocca”, dal caratteristico mantello grigio-chiaro, di origine soprattutto spagnola, ma con contributi da tutta Europa, inclusa l’Italia.
Per il loro portamento elegante, l’enorme resistenza al lavoro, la capacità di apprendimento e la docilità, i Lipizzani presto soppiantarono i cavalli Spagnoli, che avevano dato il loro nome alla celeberrima Scuola Reale di Equitazione Spagnola di Vienna, istituita nel lontanissimo 1572 e dal 1735 insediata nell’attuale cavallerizza per gli spettacoli equestri di corte.
Al termine della prima guerra mondiale, l’allevamento imperiale di Lipizza venne diviso tra Italia ed Austria. In Austria, la razza trovò un nuovo sito di allevamento a Piber, vicino a Graz, e continuò ad essere utilizzata per gli spettacoli della Scuola Spagnola di Vienna. In Italia, invece, i Lipizzani vennero riportati a Lipizza, diventata italiana, poi vennero presi dall’esercito tedesco durante la II Guerra Mondiale e infine salvati dal Generale George Patton con una spedizione tanto romanzesca da aver ispirato il film “L’ultimo treno da Vienna”, prodotto dalla Walt Disney con Robert Taylor. Restituiti all’Italia nel 1947, vennero mantenuti dall’Esercito fino al 1955 quando, per consentirne la conservazione, i riproduttori Lipizzani vennero trasferiti al Ministero dell’Agricoltura e tenuti nell'Allevamento Statale del Cavallo Lipizzano (ASCAL) in Casali Nuovi di Montemaggiore (vicino a Montelibretti, 40 km da Roma). Oggi l’allevamento è tenuto dal CREA-Centro di Ricerca Zootecnia ed Acquacoltura.
Nell’ASCAL i cavalli hanno continuato ad essere allevati in assoluta purezza, in un isolamento genetico che - inclusa anche l’attività svolta a Lipizza prima della Grande Guerra - dura ormai da 119 anni. Ciò significa che tutte le genealogie sono note fino al 1900 e, in molti casi risalgono fino al XVIII Secolo, per arrivare fino al più antico progenitore registrato, nato nel 1738.
Oggi, l’Allevamento Statale del Cavallo Lipizzano, conta 110 esemplari, che discendono integralmente dai riproduttori allevati a Lipizza prima del 1919 ed è l’unico al mondo ad essere integralmente costituito dalle linee di fondazione “classiche” della razza Lipizzana.
Il CREA è impegnato nella salvaguardia dei lipizzani sia da un punto di vista economico per il mantenimento, il governo e l’addestramento dei cavalli, sia da un punto di vista culturale, proseguendo gli schemi tradizionali di riproduzione basati su “linee di sangue”, utilizzando gli algoritmi informatici messi a disposizione dalla genetica di popolazione e attuando le più recenti tecniche di biologia molecolare e di genomica, soprattutto a livello di DNA mitocondriale. I cavalli che garantiscono il minore aumento di consanguineità vengono trattenuti come riproduttori, alcuni vengono addestrati per le attività di servizio e rappresentanza dell’Allevamento e gli altri vengono venduti, anche già addestrati sia a sella sia agli attacchi.
I compratori (spesso anche stranieri) restano incantati dalla bellezza dei cavalli, naturalmente “riuniti” e dotati di grandissima intelligenza e disponibilità al lavoro. L’allevamento Statale del cavallo Lipizzano tenuto dal CREA, autentico “nucleo di conservazione” della razza, italiano da 100 anni, è un patrimonio storico e culturale vivente, unico al mondo, che testimonia l’attenzione verso un animale che, come nessun altro, riesce ad unire eleganza, tradizione, cultura, territorio, sport e passione, con un fascino immutabile in grado di attraversare la storia e di fare presa su grandi e piccoli.
Luca Buttazzoni (direttore crea zootecnia ed acquacoltura)
Cristina Giannetti (ufficio stampa Crea)