Ritorno al futuro
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Ritorno al futuro

Ritorno al futuro

ritorno futuro agi
Foto: Valeria Mottaran
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Ebbene questa è la nostra grande opportunità, come giornalisti, come direttori. Combattere per i fatti. Siamo gli unici che possono farlo, che sanno farlo. Andare dietro le dichiarazioni e smontarle, una per una, e dire come stanno le cose. Trovare un senso alle cose a partire dai fatti. Qualche giorno fa la comunità mondiale dei fact checker si è riunita in Sud Africa. Sono in gran parte giornalisti o ricercatori che si sono dati la missione di verificare quello che dicono i politici. E nonostante l’indubbio successo, testimoniato dal fatto che ormai non c’è giornale che ogni tanto pubblichi un fact-checking, hanno detto che il loro lavoro non basta più per affermare i fatti. Bisogna battersi per farsi ascoltare. Qualcuno dice che dovremmo gridare. Non ne sono convinto. Conosco il direttore di un grande quotidiano che parla solo sottovoce e che se stai a due metri, ti avvicini fino a sfiorarlo per non perdere neanche una parola. E secondo me quando parla lui, persino le orecchie dell’interlocutore cercano di ingrandirsi per captare ogni sillaba. La mente, cancella ogni altro suono, si chiama udito selettivo. Non ha bisogno di urlare, quel direttore: è autorevole. Dobbiamo ripartire da lì, ricostruire l’autorevolezza in parte perduta della categoria.

In Agi di questa storia con Pratellesi ne abbiamo fatto una bandiera. Un fact-checking al giorno. E una promessa netta: la verità conta. Abbiamo anche fatto un notevole progetto di innovazione tecnologica, in questi anni, e ringraziamo l’editore per averci creduto e averci dato le risorse necessarie. Siamo diventati un’agenzia mobile first, per dire. Ma la tecnologia non è il fine, è lo strumento che ci aiuta a lavorare meglio. I giornalisti sono il giornalismo che facciamo. Non le app.

Il bilancio di questi giorni lo ha fatto l’editore di Agi, l’Eni, il giorno in cui ci ha congedati. Cito qualche numero: le notizie sono aumentate del 66 per cento, le citazioni su stampa e tv del 71, le conversazioni sui social del 74, l’uso dell’hashtag #agi su Twitter del 10 mila per cento, gli utenti del sito, di oltre il 500 per cento. Ma ci sono due dati per noi ancora più significativi: le dieci assunzioni e le undici promozioni. In tempi di tagli, abbiamo portato a bordo tanti ragazzi di talento e abbiamo promosso di grado alcuni fra i migliori di coloro che abbiamo trovato. Auguriamo di cuore a Mario Sechi di fare di meglio.

Abbiamo anche ottenuto due medaglie: una ce l’ha data il Quirinale, per la mostra fotografica sul 1968, Dreamers. L’altra è arrivata qualche giorno fa da NewsGuard, una organizzazione internazionale che misura credibilità e trasparenza: ci hanno promosso in tutte le nove categorie, solo 4 testate su 120 ce l’hanno fatta.

Abbiamo anche fatto degli errori, certo. Cercando i fatti capita. Ma ci siamo scusati sempre pubblicamente e ne abbiamo lasciato traccia. Non li abbiamo nascosti come la polvere sotto il tappeto. E lo voglio dire, in un paese in cui è sempre colpa degli altri. Gli errori sono stati colpa mia. Non nostra, mia. Marco Pratellesi è stato il miglior compagno di avventura che potessi trovare e se oggi ho un desiderio è quello di tornare a lavorare al suo fianco.

La sigaretta sta finendo. E io avrei ancora tante cose da dirvi. Ma non è davvero finita finché hai una storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla. Ecco, questo è Baricco, ve lo avevo detto. Questa frase mi accompagna da una vita. E’ il mio portafortuna ogni volta che chiudono tutti i miei sogni in degli scatoloni avvolti nel nastro adesivo. Non finisce qui ma la prossima storia in questo momento non la conosco. Quando i miei figli mi hanno chiesto “e adesso che farai papà?”, ho pensato di leggere loro il testo del comunicato stampa che mi destina alla guida di un progetto sulle startup, ma poi ho pensato che non l’avrebbero capito. Che mi avrebbero guardato come si fa con quelli che ti sparano una supercazzola. Sono piccoli. Intendiamoci, il progetto non è una scatola vuota. Non è un binario morto. È ingiusto chi liquida così la faccenda. La verità è che non c’è una scatola e che del binario non si vedono le traversine. Piuttosto è un foglio bianco, con un astuccio di matite colorate. Qualcuno deve aver intravisto il mio animo da bambino e ha pensato di farmi un regalo. Molto apprezzato, davvero.

Poi qualche sera fa ho capito, finalmente. Stavo uscendo da Caracalla, c’era stato il meraviglioso concerto di Ennio Morricone. Anzi, non era ancora finito. L’orchestra stava suonando il suo brano più bello forse, Gabriel’s Oboe, il tema di The Mission. Era una magnifica serata estiva, la luna piena teneva lontana la notte e le rovine di Roma antica tremolavano come se fossero vive. Ho percorso il viale verso l’uscita con cuore gonfio di lacrime e di gioia, ho pensato ai miei capelli ormai bianchissimi come quelli di un inventore pazzo di un film molto bello e allo sguardo ancora innamorato e sognante che per fortuna resiste a tutto. E solo allora ho capito cosa avrei detto ai miei figli. Cosa farò.

Ritorno al futuro.

Vado! (non ci fermeranno mai)

Vado! (non ci fermeranno mai)

Vado! (non ci fermeranno mai)

Jovanotti

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